LA PAROLA

Ospitale

Ha due significati la parola ospitale:

quello che, in forma d’aggettivo, indica la persona, o il luogo, capaci di accogliere, in modo cordiale ed accogliente, chi è giunto o si trova presso di esso – l’ospite, del quale si dovrà dire meglio in futuro in questa rubrica di TESSERE – procurandogli quant’è necessario al vitto e all’alloggio e, dice il vocabolario Treccani, «benessere fisico e spirituale»; e l’altro, affatto disgiunto dal primo, impiegato un tempo ed ancora in uso in qualche parlata regionale come sostantivo ad indicare un «ricovero per forestieri e pellegrini, o per poveri e anziani» e, per quella strada, un ospizio, un ospedale, come stanno a testimoniare alcune località che ancora portano questo nome.

Derivata dal latino hospitalis, a sua volta derivato di hospes -pĭtis “ospite”, la parola ospitale nella sua forma aggettivante può essere attribuita a «un padrone di casa» o a «famiglia, gente […]; un rifugio, un paese». Detto di una casa ha anche un significato equivoco, ovvero «che offre rifugio per convegni amorosi» ed in senso estensivo sta a dire di «generosa cordialità», come quando si parla di «accoglienza ospitale», mentre in quello figurato, come nel caso di «riposarsi all’ombra ospitale di un albero», del sollievo e del riposo che quel luogo offre.

L’ospitalità, vale a dire la «qualità di chi è ospitale»; la «cordiale generosità nell’accogliere e trattare gli ospiti» è una gran bella cosa, di cui il Sud d’Italia è campione ed è quella bella dote che TESSERE ha potuto apprezzare a Cirò Marina, in Calabria, dove un suo stand è stato appunto “ospitato” per alcuni giorni nel corso di un festival-fiera delle lettere, della cultura e delle tradizioni organizzato dall’associazione “Il Veliero”. In particolare l’ospitalità lì ha avuto i nomi di Francesca, Teresa, Tina, Elena, Gennaro ed ancora Francesca: grazie!

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