LA PAROLA

Panico

“Pan e le ninfe dell’Arno”, disegno di Giovanni da San Giovanni, 1636 – GDSU

È sinonimo di paura e di terrore ma, per quanto denoti un sentimento del tutto umano, il termine panico attiene alla sfera del divino. Deriva infatti la propria etimologia del nome del pagano Pan, dio delle selve e dei pascoli, il cui antichissimo culto vede la sua origine nella mitizzata regione d’Arcadia.

I greci immaginavano il dio come una creatura dalla doppia natura, umana e divina: aveva due corna sulla fronte, il mento barbuto come un caprone e del caprone aveva anche le zampe biforcute. Errando per monti e per foreste il sileno faceva prosperare le greggi, favoriva la caccia ma anche l’agricoltura e la pesca. Pare che un giorno, invaghitosi di una ninfa, la seguisse fino al fiume Ladon laddove la fanciulla preferì sfuggirgli trasformandosi in una canna. Amareggiato con tale canna Pan si fabbricò uno strumento musicale che chiamò appunto siringa, dal nome della fanciulla desiderata.

Come dio che si compiaceva della solitudine, viveva nascosto nella natura e con i suoi spaventosi ululati teneva distante gli uomini incutendo una paura che, dal nome di lui, ha preso il nome di timor pànico.

Quindi, pur essendo una delle divinità più antiche del pantheon greco, il sileno non risiedeva sull’Olimpo ma dimorava sulla terra e su di essa esprimeva, incarnandoli, istinti e passioni primordiali.

Come Gabriele D’Annunzio ebbe modo di rilevare, il sentimento di compenetrazione della natura – intesa in senso lato – espresso dalla figura mitologica del dio, conferisce al termine panico un’accezione che travalica il mero significato di paura per incarnare quello più astratto e ben più sfuggente di “senso panico della vita” ove quest’ultima sia intesa come una forza capace di suscitare ammirazione e sgomento al tempo stesso.

Curiosamente pare che Pan fosse una figura mitologica particolarmente cara alla famiglia fiorentina dei Medici e che il suo culto fosse nato in seno all’Accademia Platonica di Careggi fondata nel 1462 da Marsilio Ficino per volere di Cosimo il Vecchio. Era stato il filosofo ad accostare l’etimologia del nome del Pater patriae mediceo, Cosimo (= Cosmo – Cosmus), a Pan, dal greco “Tutto”.

Per i Medici Pan è una divinità cosmica perché capace di guidare l’eterno ciclo della vita e della morte. La sua doppia natura, umana e ferina, gli permette di penetrare e comprendere tutti gli aspetti della vita: le sue corna simboleggiano il sole e la luna, la pelle maculata di cui si veste rimanda alle stelle del cielo e la siringa a sette canne che si diletta a suonare ai sette pianeti mentre le zampe biforcute alludono alla solidità della terra.

Lorenzo il Magnifico fece propria questa interpretazione cosmica del dio perché ben si confaceva al proprio motto: “le temps revient”; ovvero il tempo – così come la vita – è destinato a rinnovarsi ciclicamente.

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