LA PAROLA

Paparazzo

Tecnicamente si tratta di un deonomastico, ossia un nome comune derivato da un nome proprio, ma l’aspetto più affascinante di questa parola è di essere nata su di un set cinematografico e di essere letteralmente uscita dal grande schermo per entrare nel linguaggio quotidiano e nei vocabolari. Paparazzo ha anche una data di nascita, il 1960, anno in cui uscì il capolavoro di Fellini La dolce vita.

Paparazzo era il cognome di un fotografo (interpretato da Enzo Cerusico) che affiancava il reporter Marcello Mastroianni per rubare foto a tradimento alle star che affollavano via Veneto nella decadente Roma del boom economico raffigurata dal visionario regista. Per antonomasia, quindi, paparazzo – con l’iniziale minuscola – divenne il fotografo in cerca di scoop, disposto a lunghi appostamenti e acrobazie pur di immortalare i vip, magari in atteggiamenti discutibili e compromettenti.

Già all’epoca della Dolce vita, essere paparazzati (verbo derivato dal sostantivo), era all’ordine del giorno e foto di divi e divette riempivano i rotocalchi. Famosa rimase la foto, scattata nel 1957 dal fotoreporter Elio Sorci, di Walter Chiari nell’atto di rincorrere un paparazzo che l’aveva sorpreso con la divina Ava Gardner seduto a un tavolino di via Veneto. Il fotografo inseguito era il celebre Tazio Secchiaroli, quello a cui si ispirò Fellini per il suo personaggio.

In epoca più recente, celebre l’inseguimento dei paparazzi per le strade di Parigi dell’auto in cui morì lady Diana,nel tragico incidente sotto il tunnel dell’Alma. In Italia destarono molto scalpore (e polemiche sulla violazione della privacy) le immagini rubate con il teleobiettivo a Lilly Gruber che prendeva il sole in topless nel giardino di casa sua e quelle di Berlusconi attorniato da belle ragazze in una delle sue ville in Sardegna. Figura poco edificante e degenerata di paparazzo si può considerare Fabrizio Corona, più interessato al profitto che a fare informazione.

Ma il nome Paparazzo, secondo quanto racconta Ennio Flaiano ne La solitudine del satiro, ha un’inaspettata origine letteraria. Vale la pena leggere il racconto dell’invenzione del nome di questo personaggio perché ha in sé una piccola ma magistrale lezione di sceneggiatura: «Ora dovremmo mettere a questo fotografo un nome esemplare perché il nome giusto aiuta molto e indica che il personaggio “vivrà”. Queste affinità semantiche tra i personaggi e i loro nomi facevano la disperazione di Flaubert, che ci mise due anni a trovare il nome di Madame Bovary, Emma. Per questo fotografo non sappiamo che inventare: finché, aprendo a caso quell’aureo libretto di George Gessing che si intitola Sulle rive dello Jonio troviamo un nome prestigioso: “Paparazzo”. Il fotografo si chiamerà Paparazzo. Non saprà mai di portare l’onorato nome di un albergatore delle Calabrie, del quale Gessing parla con riconoscenza e con ammirazione. Ma i nomi hanno un loro destino». Il destino di paparazzo è stato quello di continuare ad attraversare le strade.