LA PAROLA

Par condicio

Aldo Moro a una Tribuna elettorale

Con questa locuzione latina, presa in prestito dal linguaggio giuridico romano, indichiamo la parità di condizione e trattamento.

Un modo di dire entrato nel nostro linguaggio comune all’inizio del millennio e là rimasto, per tornare in voga ad ogni tornata elettorale.

Già, perché, il termine par condicio è diventato di moda proprio quando con la legge del febbraio del 2000 si è cercato di disciplinare l’accesso ai media dei partiti e degli esponenti politici in lizza per le elezioni. Per dare a tutti i candidati le stesse possibilità, in modo che nessuno possa trarre vantaggio da condizioni personali particolarmente favorevoli.

Per par condicio, quindi, tivù e quotidiani devono rispettare spazi e tempi, per par condicio, gli uffici stampa degli enti pubblici in periodo elettorale devono evitare dichiarazioni e commenti politici e privilegiare, invece, la comunicazione istituzionale e di servizio.

Capita però spesso di dire che per par condicio si invita un amico a cena e anche un altro. Che per la stessa ragione si fa un regalo a due persone, anche se magari quella che vorremmo coccolare è solo una. Un po’ come se non aspettassimo altro che riesumare una antica locuzione per dare nome e legittimare una tendenza: quella di appiattirsi, di conformarsi, di bilanciare azioni, pensieri e gesti. Perché comportarsi più o meno sempre allo stesso modo e non rimodulare il proprio modo di essere in base a come sono gli altri è certamente più facile, veloce, e meno faticoso. E se prima, ogni tanto, il dubbio che questo fosse scorretto poteva sorgere, adesso ci appelliamo alla par condicio e ci sentiamo tutti più tranquilli.

E se questo bilanciamento di condizioni e opportunità è giusto e condivisibile in politica, quanto lo è nella vita di tutti i giorni? Vivere in equilibrio tra i rapporti, creare pari condizioni per persone diverse quanto è giusto? Se il concetto di par condicio, ormai entrato nel nostro linguaggio comune, alterasse il nostro modo di approcciarsi alla vita? Persone diverse, situazioni differenti hanno davvero, sempre, il diritto di partire dalle stesse basi?

E forse mentre cerchiamo di rispondere a queste domande non dovremmo dimenticare che la par condicio, anche in politica, è una condizione temporanea: va garantita dall’indizione dei comizi elettorali fino al giorno della consultazione. E poco conta se nel nostro paese l’instabilità dei governi ci fa vivere quasi costantemente in par condicio: forse, scegliendo meglio i nostri rappresentanti, questa locuzione tornerebbe nel linguaggio spesso aulico e sempre specifico dei fori. Lasciandoci probabilmente un vuoto lessicale che renderebbe, di nuovo, difficile giustificare l’appiattimento di pensieri e azioni.

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