LA PAROLA

Pasturare


Il verbo pasturare, in questo mondo frenetico e tecnologico sicuramente non viene impiegato molto, se si fa eccezione per quanti ancora conducono gli animali a pascolare. Questo appunto significa, ma più precisamente ancora, se usato come verbo transitivo, come spiega la Treccani, «condurre e custodire gli animali alla pastura, farli pascolare». Condurli, guidarli, ma anche custodirli, proteggerli, difenderli.

Questo è quello che fa il pastore, compreso il pastore belga, tedesco, maremmano o bergamasco che sia. Il loro abbaiare spesso vuol dire «non allontanarti dal gregge, se vai lontano non posso proteggerti, accudirti, garantire che tu pasturi». E se anziché abbaiare è digrignare i denti e ringhiare sta ad intendere «non avvicinarti al gregge, son pronto a morderti».

Il verbo pasturare consente di fare queste divagazioni e volendo lo si può spingere ad occuparsi dell’homo homini lupus– una parte presente in tutti noi – perché è proprio il lupo il primo pericolo per il gregge. E anche di quest’ultimo, il gregge, lo si può spingere ad occuparsi, per precisare che si può essere gregge tanto essendo una massa di fifoni capaci solo di star dietro a chi ti conduce in qua e in là, quanto essendo una comunità verso cui provare affetto.

La Treccani,infatti spiega che pasturare per estensione significa «alimentare, nutrire persone (di cibo materiale o spirituale)» e in maniera figurata «aver cura d’anime»: così se ne servì Dante riferendosi all’arcivescovo di Ravenna Bonifazio dei Fieschi: «Bonifazio Che pasturò col rocco molte genti».

E ancora che usato come intransitivo sta a dire del «nutrirsi al pascolo». Cita Vincenzo Monti che scrisse: «Quando spunta il mattin, fuor del covile / Chiama la greggia e a pasturar la mena».

Buon mattino a tutti, a chiunque pasturi, che lo faccia in modo transitivo o intransitivo, che sia lupo, agnello, o Groenendael, il più bello dei cani da  pastore belgi che sono, a giudizio di chi scrive, i cani da pastore più belli. Vero Balù?

Tags