LA PAROLA

Patacca (o Pataca)

ANDREA GUERMANDI

Da Wikipedia: «Patacca è il termine con il quale venivano indicate diverse monete, in genere grosse, pesanti e di scarso valore. In tali monete, in particolare, la percentuale d’argento della lega che le costituiva era molto bassa, pur in presenza di peso e dimensioni complessive notevoli: in tal modo, la moneta aveva un valore indicato maggiore di quello effettivo, corrispondente al metallo prezioso usato per batterla. Di qui l’uso in italiano del termine “patacca” per indicare qualcosa che vale meno di quello che sembra.

Nell’Africa settentrionale e in lingua portoghese era usato per indicare il peso spagnolo.

Esistono diverse varianti del termine tra cui pataca, petacchia, petacchina (o patacchina), patacão (pl. patacões), pattacco etc. Affine ad esso sono altre denominazioni (patard e patagòn, quest’ultima senza alcun rapporto con la Patagonia), in uso in America Latina. Era usato in Fiandra (Patac). Alla fine del XIV secolo sono citati i Patacchi di Avignone. Patacco era il nome dato in Piemonte al forte emesso da casa Savoia. Petacchina (o patacchina): era il nome prima popolare e poi ufficiale della moneta di biglione dal valore di un quarto di grosso emessa nella Repubblica di Genova e a Savona nella seconda metà del XIV secolo. Era equivalente al sesino da 6 denari».

Pataca è la valuta di Macao. È suddivisa in 100 avo.

Ma veniamo, invece, al significato attuale, circoscritto alla Romagna, in particolar modo a Rimini, patria del “Pataca”. Già Guido Aristarco assimila Il “pataca” alla figura dello scimunito. In un suo libello distingue e declina: Il “pataca” incapace di leggere la situazione, Il “pataca” come sventurato, Il “pataca” sbruffone innocente, Il “pataca” esibizionista, Il “pataca” esteta, Il “pataca” politico, Il “pataca” spiritoso mancato, Il “patacnèt”. Un’evenienza eccezionale: la “pataca”. La “patacaggine” come difesa e bisogno; Il pataca e la discrasia uomo/donna.

Pataca è anche sinonimo di vagina, patachina di vaginina. Ma anche di bambinetta un po’ sciocchina.

Fellini è stato il re dei Pataca nel senso che nelle sue fantasie cinematografiche lo ha applicato spesso ai suoi protagonisti, compreso il Casanova. In sostanza nel dialetto romagnolo “Pataca” acquista un più sottile e particolare significato. Pataca è si insulto, ma, per lo più, spesso affettuoso, che di solito indica uno che si dà delle arie, che vanta qualità che non possiede, che la dà ad intendere, che racconta storie, che si prende troppo sul serio. «Nu fa e’ pataca»; «t’ci ste un gran pataca»; «l’ha fat una figheura da pataca»; «è dventa sempra piò pataca»; «lasa andè ad fe’ e’ pataca»; (nell’ordine: non fare il pataca, sei stato un gran pataca, ha fatto una figura da pataca, diventa sempre più pataca, smetti di fare il pataca).

Il pataca in fondo è uno incline all’esibizionismo, uno che cerca il consenso e l’applauso, e le pataccate “al patachèdi” sono la conseguenza del bisogno di essere considerato, di essere al centro delle attenzioni anche a costo di esagerare. Ha una sua tenerezza, e dunque, siamo tutti un po’ pataca.

Ogni anno, nel riminese, viene anche eletto il re dei pataca, colui, cioè, che nei comportamenti e nei ragionamenti e, forse, nel fisico, è proprio pataca: un po’ romantico, un po’ sburone (uno che si vanta di cose che non riuscirà mai a fare), un po’ playboy dei poveri, un po’… scemo. Per la donna non esiste corrispettivo.