LA RIVISTA

Una precisazione sul ruolo del magistrato Scaglione

In relazione all’articolo Giuliano e Pisciotta, due morti eccellenti, due morti di Stato, pubblicato sulla rivista TESSERE il 7 febbraio, si precisa quanto segue a tutela della verità storica e della memoria del procuratore della Repubblica Pietro Scaglione, riconosciuto «vittima innocente della mafia e del dovere»:

1) In sede giurisdizionale penale è risultato chiaramente dagli atti che il Procuratore Scaglione fu magistrato «dotato di eccezionale capacità professionale e di assoluta onestà morale», «di indiscusse doti morali e professionali», «estraneo all’ambiente della mafia ed anzi persecutore spietato di essa» e che «tutta la rigorosa verità è emersa a positivo conforto della figura del magistrato ucciso» sia per quanto concerne la sua attività istituzionale, sia in relazione alla sua vita privata, così come si legge testualmente nella motivazione della sentenza n. 319 del 1 luglio 1975 emessa dalla Corte di appello di Genova, sezione I penale, passata in giudicato a seguito di conferma della Cassazione (sentenza 17 dicembre 1976 n. 6198), e pubblicata negli Atti della Commissione parlamentare antimafia, 1984, vol. IV, tomo 23, doc. 1132, pag. 729 s. al cui contenuto tutto si rinvia); ed ancora, sempre in provvedimenti giurisdizionali, si legge quanto segue: nel corso della «ventennale istruzione» si è rivelata «vana» la «ricerca di motivazioni o legami di carattere privato» ed è stato accertato che il Procuratore Scaglione svolse «in modo specchiato» l’attività giudiziaria, cadendo vittima del dovere (cfr. Tribunale di Genova, Ufficio del Giudice istruttore, sentenza 16 gennaio 1991, proc. pen. m. 2144/71 RG e n. 692/71 R.G.G.I; D.M n. 3772 del 20-11-1991, emesso dal Ministro di Grazia e Giustizia previo rapporto del Procuratore generale della Repubblica di Palermo e parere del Consiglio Superiore della Magistratura […]).

2) Non è rispondente al vero la circostanza secondo cui il magistrato Scaglione non avrebbe verbalizzato le dichiarazioni di Pisciotta. Nel 1954, infatti, il dott. Pietro Scaglione, allora sostituto procuratore generale, previo incarico del dirigente dell’ufficio, si recò in carcere, per interrogare il detenuto Pisciotta, assistito da un segretario; il predetto Pisciotta si rifiutò però di rendere qualsiasi dichiarazione in quanto voleva «parlare a quattro occhi con un magistrato» senza la presenza di altre persone e senza alcuna documentazione delle sue dichiarazioni; il sostituto Scaglione allora gli fece presente che le norme di legge imponevano la presenza del segretario e la documentazione mediante verbale delle dichiarazioni; il Pisciotta rispose che, eventualmente dopo un periodo di riflessione, avrebbe richiamato il magistrato per rendere dichiarazioni. Questa è la ricostruzione dell’episodio come risulta dagli atti e dalle cronache giornalistiche dell’epoca (v. anche Riccardo Longono, «Pisciotta annunciò al magistrato gravissime rivelazioni», in “l’Unità” 14 febbraio 1954, pag. 1).

3) In relazione ai moventi dell’omicidio del Procuratore Scaglione si precisa che:

a) l’Autorità giudiziaria di Genova ha accertato che i possibili moventi dell’omicidio del Procuratore Scaglione sono, in ogni caso, da ricollegare all’attività «doverosa e istituzionale» svolta dal magistrato.

b) il Ministro della Giustizia, con decreto n. 3772 del 20 novembre 1991, previo parere del Consiglio Superiore della Magistratura e rapporto del Procuratore generale della Repubblica di Palermo, ha riconosciuto al defunto Procuratore della Repubblica Scaglione lo status di magistrato, «caduto vittima del dovere e della mafia il 5 maggio 1971».

4) Il quotidiano “l’Unità” riconobbe l’onestà e l’impegno del procuratore Scaglione e scrisse già nel 1980: «Dalla sentenza del 1 luglio 1975 della Corte di Appello di Genova, sezione II, passata in giudicato si evince che il defunto Procuratore della Repubblica di Palermo, dott. Pietro Scaglione, svolse le sue funzioni con correttezza e imparzialità per cui i rilievi e le riserve riportate a suo tempo in merito al predetto magistrato [sul quotidiano “l’Unità”, ndr], non si sono rivelate veritiere e di ciò si dà atto alla famiglia Scaglione ed a tutti i di lui congiunti» (cfr. “l’Unità”, 10 febbraio 1980, p. 4).

I familiari del procuratore Pietro Scaglione