CRITICA LIBRI

Quando gli occhi si ribellano

Solo chi ha attraversato la malattia sa quanto conta il proprio vissuto, quanto peso abbiano, nel percorso di cura, le emozioni, il rapporto con il medico, la sensazione di essere capiti o al contrario incompresi, i pregiudizi, le paure, gli spaventi, gli incontri che illuminano e quelli che ti lasciano al buio.

Paola Emilia Cicerone, raffinata giornalista che si occupa di salute e medicina, tutto questo lo sapeva e lo scriveva da tempo. Ma è dopo aver attraversato lei stessa la malattia che ha potuto raccontarlo in prima persona, donandoci un diario ricco di spunti e riflessioni di rara lucidità.

Cecità Clandestina (uscito nella collana di Medicina Narrativa della casa editrice Maria Margherita Bulgarini) comincia il giorno in cui le palpebre di Paola – lei che con gli occhi lavora – non rispondono più ai suoi comandi e si chiudono quando decidono loro. Qualche secondo, poi qualche minuto, a volte ore o giorni. Il viaggio è lungo e ricco di colpi di scena che provocano angoscia, tenerezza, commozione e perfino sorrisi. Strada facendo si scopre insieme a lei che la strana malattia si chiama blefarospasmo, una sorta di distonia focale che provoca la contrazione involontaria dei muscoli elevatori della palpebra. Le cause sono ignote, le cure incerte. E si capisce – come le fossimo accanto – quanto può essere disarmante l’incontro con uno specialista che non sa ascoltare e quanto sia salvifica e decisiva, viceversa, l’alleanza fra medico e paziente. Su come si svilupperà il viaggio, lasciamo ai lettori la sorpresa.

Nella seconda parte del libro Paola Emilia Cicerone torna però a indossare i panni della giornalista per regalarci un’analisi molto istruttiva di quello che non funziona nella nostra medicina e nel nostro sistema sanitario.

Qui di seguito il capitolo del libro dedicato all’incontro con l’agopuntura.

Agopuntura / La psichiatra

PAOLA EMILIA CICERONE

Le medicine non convenzionali sono il mio pane quotidiano. Come le ricerche su Pub Med, anche se cercare con gli occhi mezzi chiusi è faticoso e soprattutto lento. Ma ora sto lavorando per me, queste ricerche non si tradurranno in un articolo ma in possibilità. Così mi ritrovo con un appuntamento con un medico specializzato in medicina tradizionale cinese. A lei sono arrivata tramite il passa parola, anche se i trial scovati su internet – perché il neurologo non ne ha fatto cenno? – parlano di risultati interessanti per il blefarospasmo. In ogni caso, quando approdo faticosamente a destinazione a un passo da Piazza Baracca ho il batticuore. Ho da sempre la fobia degli aghi, e nonostante sia affascinata dalla cultura cinese non avrei mai pensato di ricorrervi. Ma sono anche disperata, cerco qualcuno che mi aiuti. E questa volta lo trovo. Mi sento a mio agio da subito in uno studio elegante e severo che attenua le mie paure, la dottoressa Valeria mi fa sedere e mi ascolta a lungo, poi passa alla lettura dei polsi, la tecnica diagnostica della MTC. Prende le mie mani tra le sue scorrendo i polpastrelli sui miei polsi come se leggesse un messaggio braille, alla ricerca di indicazioni. Qui non si parla di blefarospasmo ma di energia. La mia, pare, è bloccata. E inaspettatamente si passa subito all’inserimento degli aghi: mi affido, come farò sempre, a occhi chiusi, non voglio vedere. Mentre la dottoressa mi chiede «un bel respiro» prima di inserire aghi sottili sui piedi. Sulle gambe. Sul viso. Non provo quasi dolore. Imparerò più avanti che la sensibilità aumenta seduta dopo seduta, «quando si aprono i canali energetici». E alcuni aghi possono fare davvero male, ma l’atmosfera resta piacevole. Una lampada a raggi infrarossi a riscaldarmi il viso, una musica orientale, la presenza rassicurante della dottoressa che percepisco, più che vedere, seduta al computer che scrive e riordina le sue cose. Regressione all’infanzia, completa. Posso abbandonarmi, c’è qualcuno che si sta prendendo cura di me. […] Mentre il mio corpo “sente” gli aghi: sembra che io sia molto ricettiva. Segue una dozzina di sedute, una routine che diventa familiare e non mi spaventa più, anzi mi incuriosisce perché le sensazioni sono sempre diverse. Ma dopo un paio di incontri il dolore si fa sentire. Le sensazioni si acuiscono e ogni incontro è un piccolo viaggio dentro me stessa: gli aghi generano reazioni impreviste, una puntura al polso può far contrarre le dita della mano, gli aghi tra gli occhi mi regaleranno, sempre, la sensazione di una mano calda posata sulla fronte come una carezza. Imparo a non stupirmi se le applicazioni più impressionanti- gli aghi dietro le orecchie, sull’angolo interno nell’occhio sono quasi indolori mentre le punture sulle gambe mi fanno fremere .

Intanto il blefarospasmo alterna alti e bassi. Agli inizi di dicembre una seduta mi regala qualche ora di occhi aperti, in una bella giornata invernale festeggio dentro di me come se fossi fuori dal tunnel. Non so ancora che mi aspetta una strada più lunga e complessa.

Quando gli occhi si richiudono dopo avermi regalato qualche ora di sollievo l’ansia si scatena, inevitabilmente. E la dottoressa Valeria, che mi vede scoppiare in lacrime all’inserimento di un ago particolarmente doloroso, mi suggerisce gentilmente di ricorrere a un sostegno farmacologico per non compromettere i risultati ottenuti. Vada da uno specialista, suggerisce. È una parola: di psichiatri ne conosco anche troppi ma qui non si tratta di un’intervista, è in gioco la mia salute. Ed è il mio equilibrio mentale a essere messo in discussione. Ancora una volta ricorro al passa parola. Simona, la mia psica, mi suggerisce il nome di una collega, ed io affronto – mancano pochi giorni a Natale – un altro viaggio in una Milano troppo buia, con una scorta di caramelle per superare i momenti più difficili. Mi trovo di fronte una ragazza sorridente che mi lascia parlare per quasi un’ora. Accenno prudentemente a quello che vorrei, conosco l’ansiolitico in grado di placare il cuore che mi batte troppo veloce senza togliere lucidità. Ma la dottoressa Laura non è soddisfatta, propone una terapia che comprende un antidepressivo. La mia bestia nera, che mi riporta ai momenti più bui della mia vita La voce della psichiatra interrompe i miei pensieri che si fermano su ricordi spiacevoli, su altre visite in cui non mi sono sentita compresa né accolta: «Vorrei concordare con lei una terapia che lei sia disponibile a seguire». E la sua disponibilità mi rende, inevitabilmente, più conciliante: se me lo proponesse ora, affronterei anche l’elettrochoc. Invece esco con una ricetta e un appuntamento telefonico per aggiornarsi in tempi brevi.

«Attenzione al gradino» mi saluta la dottoressa sulla porta: la percepisco osservare un po’ inquieta il mio passo insicuro. Il problema non è il gradino, è arrivare fino alla fermata del tram. Ma rinuncio a spiegare, nelle sue parole ho percepito simpatia e attenzione. Va bene così.

Tags