DAILY LA PAROLA

Quatto
#paroledasalvare

L’italiano, si sa, è una lingua ricca, talmente tanto ricca che si possono utilizzare un gran numero di termini per esprimere un concetto. Non è raro, infatti, fare ricorso a sinonimi senza dover dire mai due volte la stessa parola. In alcuni casi è una sola parola e solo quella a essere perfetta nella frase e nessun’altra parola potrebbe rendere il concetto con altrettanta chiarezza. È il fascino dell’italiano che con la sua precisione e la sua correttezza rende certe parole indimenticabili e insostituibili.

Pensiamo, per esempio, a un animale che vuole nascondersi dal predatore. Oppure a un bambino che si è rifugiato dietro un divano per sfuggire all’abile occhio dei coetanei con cui sta giocando a nascondino. Si può dire che l’animale o il bambino sono rintanati? Sono nascosti? Sono coperti? O non è forse meglio dire che se ne stanno quatti quatti?

Quatto, spesso utilizzato ripetuto, fa parte delle parole da salvare individuate dallo Zingarelli, di quelle parole, cioè, che stanno cadendo in disuso e stanno diventando obsolete. Tra queste rientra, appunto, quatto che deriva dal latino coactus, che significa ammassato, costretto. E così chi se ne sta quatto, anzi quatto quatto, vuole nascondere se stesso alla vista degli altri, vuole concedersi il lusso dell’invisibilità e sottrarsi agli occhi estranei.

È una parola quasi onomatopeica che già dalla composizione delle lettere tradisce il suo significato, in particolar modo ripetuta, quando i suoni dei due “quatto” sembrano dipingere l’animale che si nasconde dietro un cespuglio e avanza guardingo per sfuggire all’agguato.

Serve un piccolo sforzo per salvare queste parole, per ridare loro la dignità dell’uso quotidiano perché sono parole belle e utili, che sarebbe un peccato perdere per sempre. Le parole possono anche stare quatte quatte, sta a noi riportarle alla luce.