CRITICA DIALOGARE IN PACE FILM VISIONI

Quei segni nascosti nella storia più recente

Indice e medio della mano destra sollevati e divaricati: è l'inconfondibile segno di "vittoria" che Winston Churchill, ora narrato nel film "L'ora più buia", ha insegnato a tutti ad usare. Ma in quel film ci sono altri segni importanti che merita di conoscere. Giorgio Frasca Polara li rivela in questo articolo scritto per "Ytali".

Infaticabile come un ragazzino, Giorgio Frasca Polara, firma di punta di TESSERE, ha scritto per una delle nostre riviste gemelle, “Ytali” – con cui siamo in rapporti di fattiva collaborazione scambiandoci di tanto in tanto pezzi – un bell’articolo, La luce dei segni nell’ora più buia, a partire dal film L’ora più buia di Joe Wright, in questi giorni nelle sale cinematografiche, che narra come operò Winston Churchill durante l’ultimo conflitto mondiale. Lo pubblichiamo non solo per la sua bellezza ed attualità, ma anche perché sicuramente gioverà ai più giovani che spesso sanno poco della storia più recente e di cosa essa potrebbe insegnarci. 

Formidabile quel film, L’ora più buia, su Winston Churchill nel terribile frangente della II guerra mondiale.

Ma il film non è solo la storia di un uomo cocciuto, ironico, politicamente astutissimo, solo (e inviso a re Giorgio dapprima favorevole ad una trattativa con Hitler) e tuttavia in grado di mobilitare con le sue parole e le sue difficili decisioni un popolo intero. No, è anche la storia di alcuni “segni” in cui si sono identificati in tanti, almeno (ma non solo) per chi quella stagione ha vissuto. Intendo segni in senso semiologico cioè, per dirla con il Sabatini-Coletti,

«l’unità minima della comunicazione, composta di un significante e di un significato collegati da un nesso convenzionale».

E che cos’altro è, nel caso nostro, un segno se non la V di Victory, del fiammingo Vriyheid, del francese Victoire, del norvegese Viwne, del ceco Vitezstvi? Certo, se la V di Churchill assunse un valore ed un significato universali, c’è da dire che l’idea della “campagna V” risale al 20 aprile 1939, e dunque un anno prima che Churchill diventasse primo ministro al posto di Neville Chamberlain. Era il giorno del primo compleanno di Hitler dopo l’occupazione della Cecoslovacchia, e nella vecchia piazza di Praga i cittadini decorarono il monumento a Ian Huscon mazzi di fiori sillabando le parole «pravda Vitezi» («la verità Vince»).

Vero che nel film non se ne parla, ma c’è un altro segno, o meglio una variante dello stesso segno: l’attacco (le celebri quattro note lapidarie, scultoree) della Quinta sinfonia di Beethoven che fu prescelto dalla BBC, l’emittente pubblica inglese, per essere radiodiffuso in tutta l’Europa occupata dai nazisti come simbolo dello sforzo bellico. Ebbene, il ritmo delle battute d’apertura – tà-tà-tà-tààààà – corrisponde esattamente alla lettera V dell’alfabeto Morse, cioè tre punti e una linea (…_), un ulteriore collegamento con la sinfonia che si vuole Beethoven abbia descritto come “il destino che bussa alla porta”.

In una lettera che una funzionaria dell’Ufficio storico della BBC, Winifred Phillips, scrisse nel 1970 ad un suo concittadino residente in Italia, era spiegato che

«la messa in onda, dal luglio 1941 in poi, delle battute di apertura della sinfonia era l’equivalente sonoro della dimostrazione silenziosa del segno V in vari modi [compreso, se non soprattutto, il celeberrimo gesto delle due dita levate dal premier] attraverso l’Europa occupata e incoraggiata dalle trasmissioni del colonnello Britton nei servizi europei della BBC».

In Italia, le trasmissioni in lingua italiana della BBC iniziarono con la crisi di Monaco (autunno 1938, annessione dei Sudeti alla Germania) e, con lo scoppio delle ostilità un anno dopo, Radio Londra aumentò le trasmissioni in italiano sino ad arrivare a più di quattro ore nel 1943. La fortuna delle trasmissioni di Radio Londra derivò dal fatto che il ministro della guerra britannico, Leslie Hore-Belisha (governo Chamberlain), anziché far gestire direttamente le trasmissioni di propaganda, le aveva affidate ad un ente autonomo – la British Broadcasting Corporation – già allora fiero del proprio stile giornalistico indipendente. E infatti la redazione diventò famosa per la tempestività nel trasmettere informazioni nel mondo, e in particolare nell’Europa ancora sotto il tallone nazifascista, per il suo tipico stile, diretto e pragmatico.

Nel “servizio italiano” si impose la figura (pardon: la voce) del colonnello Harold Stevens, il famoso “colonnello Buonasera”, un ufficiale britannico che era vissuto a Roma, parlava un perfetto italiano anglicizzato, e, grazie ai suoi commenti pacati, trasmetteva un senso di serenità e di speranza. Altra figura carismatica si rivelò Candidus (pseudonimo di John Marus) che con una straordinaria carica dialettica contrastava efficacemente la propaganda nazifascista.

Ma il ruolo di Radio Londra diventò cruciale al momento della Resistenza, soprattutto in Italia e in Francia. Crebbe a dismisura il numero dei messaggi speciali, quelle comunicazioni enigmatiche e affascinanti:

«Felice non è felice… È cessata la pioggia… La mia barba è bionda…La mucca non dà latte… Giacomone bacia Maometto… Le scarpe mi stanno strette… Il pappagallo è rosso… L’aquila vola… La gallina ha fatto l’uovo…»

Così si annunciava il lancio col paracadute di viveri, armi e uomini; si spostavano unità combattenti; si organizzavano improvvise operazioni. Le parole d’ordine erano un segreto militare assoluto. Le consegnava in redazione una staffetta motociclistica del ministero della Guerra. L’annunciatore aveva giusto il tempo di dare un’occhiata al foglio e, all’ora fissata, ne dava lettura:

«Parla Londra, trasmettiamo alcuni messaggi speciali…»

Un particolare: la BBC ha continuato a trasmettere in italiano “L’Ora di Londra” ogni sera sino al 31 dicembre 1981 quando il programma fu chiuso nonostante le proteste di numerosi ascoltatori: pare che almeno centomila italiani (tra cui il direttore di TESSERE) avessero conservato l’abitudine di ascoltare quella voce dalle dieci alle undici di sera sulle onde medie e su quelle corte.

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