LA PAROLA

Resilienza

In origine, il termine resilienza definiva la capacità di un materiale, in particolare dei metalli ma anche dei tessuti, di resistere alla deformazione, la sua elasticità; ci informa la Crusca che «in fisica e in ingegneria resilienza indica la capacità di un materiale di resistere a un urto, assorbendo l’energia che può essere rilasciata in misura variabile dopo la deformazione. […] Come molti vocaboli scientifici, resilienza ha un’origine latina: il verbo resilire si forma dall’aggiunta del prefisso re- al verbo salire ‘saltare, fare balzi, zampillare’, col significato immediato di saltare indietro, ritornare in fretta, di colpo, rimbalzare, ripercuotersi, ma anche quello, traslato, di ritirarsi, restringersi, contrarsi».

Mi spezzo, ma non mi piego: avete presente questo detto? Ecco, la resilienza è proprio il suo contrario.

Del resto lo diceva anche Sant’Agostino: «Flectamur facile, ne frangamur», cioè «pieghiamoci docilmente, senza abbatterci». Detta così, ci fa venire subito in mente la famigerata flessibilità dell’attuale mondo del lavoro, un eufemismo per dire instabilità, precarietà, incertezza del domani, che fa presto a diventare anche incertezza della vita tout court. Bisogna essere flessibili? E allora invece saremo resilienti, impareremo a riorganizzarci malgrado le regole nuove dettate per noi dal capitalismo, come ci insegnano le comunità resilienti di città travolte dalla deindustrializzazione, ad esempio Detroit: ce lo racconta Marco Belpoliti in un articolo che potete leggere qui.

In realtà, la resilienza è piuttosto la virtù di chi decide che per vivere sulle montagne russe è necessario imparare quella che nello Judo si chiama la via della cedevolezza: mi piego, ma non mi farò mai spezzare, flectar ne frangar, altroché.

Ci dice Wikipedia che «in psicologia, la resilienza è una parola che indica la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità. Sono persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti».

Amleto si chiedeva «se sia più nobile all’animo sopportar gli oltraggi, i dardi e i sassi dell’iniqua fortuna o prender l’armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli», chi è resiliente risponde senza dubbio che a volte prender l’armi è farsi danno senza nulla ottenere contro il mare di triboli, anzi a volte finendo per scendere nel gorgo muti, per dirla con Cesare Pavese. Molto, ma molto più utile non farci travolgere,non farci schiacciare, imparare dalle nostre cadute: la battaglia, piuttosto, è interiore.

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