LA PAROLA

Ricordo

Sostantivo maschile, derivato di ricordare. È in genere sinonimo di memoria – la stessa che di solito ci mette in difficoltà durante i compiti in classe -. Dal dizionario Treccani: «Impronta di una singola esperienza o vicenda o di un complesso di vicende ed esperienze del passato conservata nella coscienza, rievocata alla mente dalla memoria, con più o meno partecipazione affettiva».

I vecchi vivono di ricordi… È vero, di solito sì. E come loro vivono di questi, assaporandoli e ripercorrendoli, anche i giovani, per quanto possa essere difficile da credere, vivono di ricordi. Per meglio dire, vivono con ricordi. Piccoli mattoni che aggiungono per costruire quella scala che li porta sempre più in alto. Sono sempre ricordi, solo diversi. Non si tratta della sensazione agrodolce che spesso porta a sorrisi stanchi, non si tratta di piume. Il ricordo giovanile è pachidermico in mezzo a cristalli. Ancora c’è sentimento fresco, c’è vergogna. È giovane se proibito e vecchio se deve essere condiviso, ma unico perché rimane comunque un attimo, un dettaglio di vita per volta.

Com’è possibile che cose che non esistono più siano ancora così presenti? L’odore della mamma, la prima volta che il cucciolo si siede al tuo comando, quel maledetto giorno in cui ci hai messo venti minuti per renderti conto che Latus Sum deriva da Fero , le sensazioni del primo bacio passionale, la dolcezza dell’ultimo, le lasagne del nonno, il litigio col migliore amico.

Ma in un complesso così grande come il mondo, può il ricordo essere solo qualcosa di personale? Esiste qualcosa di anche più importante di noi. Qualcosa di qualcun altro, errori e conquiste, che vale la pena interiorizzare per vivere in un modo (e in un mondo) più consapevole. D’altronde, il ricordo è la conferma di tutto ciò che siamo.

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