Che Oscar Wilde offrisse molta carne al fuoco dei pettegolezzi, scandalizzando i benpensanti dell’epoca vittoriana, è risaputo. Basti pensare alla sua omosessualità, considerata all’epoca, crimine infamante, ma anche alla sua eleganza eccentrica e raffinata, ai suoi eccessi e alle sue trovate. Come quella di sposare l’ereditiera dublinese Constance Lloyd, giusto perché era affascinato dal calibro culturale della fanciulla (oltre che dal suo conto in banca), che sapeva addirittura declamare Dante in italiano. Quello che molti non sanno, è come il Nostro sia stato capace di gestire la sua immagine pubblica con criteri che niente hanno da invidiare alle celebrities della nostra epoca. Ne è un esempio il tour che lo vide protagonista di clamorosi reading in varie città degli Usa. Un tour gestito con criteri da rockstar, le cui memorabilia sono oggetto di una mostra in corso a Dublino, in quello stesso Trinity College che ebbe il privilegio di averlo come brillante studente di letteratura latina e greca.
From privilege to despair è il titolo dell’esposizione che si tiene presso la biblioteca del prestigioso ateneo dublinese, fino al 21 dicembre. «Una mostra che non ha niente di letterario», come chiarisce Keeva Nì Ghormain, organizzatrice dell’evento, dato che si tratta di lettere, foto, manifestini pubblicitari e tanto altro, provenienti dalla collezione privata di Julia Rosenthal, una signora che amava Wilde con l’ardore di una fan.
Tra i pezzi più suggestivi, una serie di cartoline pubblicitarie colorate, foto e manifestini del famoso tour degli Stati Uniti che nel gennaio 1882 lo vide sbarcare a New York acclamato come una superstar. Negli Usa incontrò e si fece apprezzare da poeti del calibro di Walt Whitman e Henry James.
«Oscar Wilde, più di ogni altra personalità del suo tempo, era un maestro nell’arte di promuovere se stesso, e come fanno oggi i Kardashians, amava mettersi in mostra – dice Keeva Ní Ghormáin –. In America, la sua immagine fu usata per pubblicizzare di tutto, dalla crema viso ai sigari».
Il tour americano, organizzato dal furbo impresario teatrale Richard Dovly Carter, alla fine naufragò tra debiti e litigi e si concluse il precipitoso ritorno di Wilde in patria.
Ma non ci sono solo frivolezze nella mostra dublinese. Molte sono le lettere private che appartengono al periodo più doloroso della vita dell’’autore de il Ritratto di Dorian Gray. Come quella vergata su un piccolo foglio d’argento, da parte di una sua amica e benefattrice, Ada Leverson, donata a Wilde il giorno in cui fu rilasciato dal carcere di Reading, in cui era stato rinchiuso nel 1897, per il reato di omosessualità. Vi è inciso: «A Sebastian Melmoth dalla Sfinge». Sebastian Melmoth era lo pseudonimo che lo scrittore aveva adottato in carcere, Sphinx era il nomignolo con cui chiamava la signora Leverson che lo aveva generosamente sostenuto nei momenti di miseria. Ma il documento forse più toccante, è una lettera indirizzata alla scrittrice Eliza Stannard, sempre all’indomani della sua uscita dal carcere. Dalla calligrafia incerta, forse scritta con mano tremolante, è difficile da leggere ma svela il Wilde umanamente più autentico.
«Cara signora Stannard – scrive –, ho attraversato pene terribili di angoscia e disperazione. Ora sono consapevole di aver condotto una vita frivola e indegna del figlio di una donna come mia madre, la cui nobiltà d’ animo e di intelletto hai sempre apprezzato. Io mi sono ritirato in un piccolo albergo in riva al mare. Ti prego di mantenere il segreto assoluto sul luogo dove spero di vivere in solitudine e in pace».
Oscar Wilde 1854 – 1900: From Decadence to Despair
Dal 3 ottobre al- 21 Decembre 2017
Trinity College – Dublin.