Tra le tante parole d’importazione di cui è ricco il vocabolario della lingua italiana, ce ne sono parecchie dovute ai contatti con il mondo arabo. È il caso di salamelecco, uno dei termini che nell’edizione 2010 dello Zingarelli è contrassegnata da un fiorellino poiché tra quelli in via d’estinzione. E dire che di salamelecchi sono piene le conversazioni, specie quelle di coloro che si rivolgono a persone di grado e importanza maggiori o ritenuti tali.
Salamelecco in origine era un semplice saluto, dall’arabo salā’m ῾alaik, propriamente «pace su te». Importandola, la parola ha cambiato significato forse per quell’assonanza con il “leccare” con cui invece non ha nulla da spartire. Tanto meno ha qualcosa a che vedere con il salame. Comunque sia, è diventato sinonimo di saluto ossequioso, troppo complimentoso e insistito, di fatto irritante perché percepito come poco spontaneo. Insomma, una captatio benevolentiae, una cordialità interessata, un’attenzione un po’ ruffiana.
Smancerie e sviolinate non piacciono a nessuno, il saluto ipocrita si appalesa chiaramente e ha lo stesso suono delle unghie sulla lavagna. Quindi, bando ai salamelecchi e chiudiamola qui.