LA PAROLA

Saluto

Nel vocabolario si legge: «Saluto: gesto o espressione, anche formale, di familiarità, di cortesia o di deferenza, nell’occasione dell’incontro o del commiato».

In tutto il mondo, in ogni istante, milioni di persone usano salutarsi, variano solo le parole con cui si esprime il saluto e la gestualità che le accompagna. Come tante altre abitudini umane anche il modo di salutare sta in parte perdendo la sua ricchezza di espressione, basta ad esempio notare quanto sia facile essere salutati con un semplice ciao o con termini da esso derivati, in Francia, Germania, Slovenia, Turchia, America Latina, addirittura in Vietnam. Eppure il nostro ciao è entrato in uso in Italia solo nel Novecento, derivando dal termine veneto s’ciao, a sua volta derivante dalla forma tardolatina sciavus, traducibile con “sono suo schiavo”.

Molte espressioni, oggi generalmente usate come semplice formula di cortesia, portano in sé dall’antichità significati più profondi, di buon augurio o addirittura religiosi. È il caso del nostro addio, che deriva dalla locuzione “a Dio”, sottintendendo “ti raccomando”, dell’inglese good-bye che è una contrazione di God be with you (“Dio sia con te”), dell’ebraico shalom che significa pace o dell’arabo salām ‛alaik (“ pace a te”).

Il saluto si accompagna spesso ad espressioni gestuali: la stretta di mano, il bacio sulla guancia sono molto diffusi, ma come per i saluti verbali, anche i gesti possono essere diversi da paese a paese. C’è chi tradizionalmente usa l’inchino, come i Giapponesi, e in questo caso l’inchino è tanto più accentuato quanto più importante è la persona che si saluta. I Maori accolgono con un gesto chiamato “hongi”, che consiste nel premere fronte e naso con la persona incontrata; si tratta di un gesto che racchiude un grande significato, si intende infatti in questo modo scambiare il respiro della vita con l’altro. In Tibet si saluta tirando fuori la lingua e questa usanza che a noi può apparire irrispettosa è legata in realtà ad un tema religioso, la reincarnazione. Secondo un’antica leggenda un re vissuto nel nono secolo e famoso per la sua cattiveria aveva la lingua nera; i tibetani tirando fuori la lingua rassicurano chi incontrano di non essere la sua reincarnazione.

Qualsiasi sia la forma, ricordiamoci che un saluto gentile e magari accompagnato da un bel sorriso, non costa nulla e può servire a facilitare la comunicazione.

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