DAILY LA PAROLA

Sardine

La sardina, nota anche come sarda o sardella e spesso confusa con l’acciuga o l’alice, è un pesce marino della famiglia clupeidi classificato dagli zoologi con il nome specifico di Sardina pilchardus. Vive nel Mediterraneo e sul versante orientale dell’Atlantico fino alla Manica, e il suo debito con l’isola Sardegna è fin troppo evidente. Può raggiungere i 30 centimetri di lunghezza, è di colore azzurro argentato, è dotata di una sola pinna dorsale ed ha la carena, il margine ventrale, dentellata. La si pesca tutto l’anno, soprattutto in inverno, durante il periodo della riproduzione.

Migratrici e gregarie, le sardine, i cui piccoli come anche quelli delle alici, volgarmente son chiamati bianchetti, si muovono in grandi branchi che volteggiano tra i flussi regalando riflessi straordinari. Conservate sott’olio o sotto sale, per lo più in scatolette di latta ermeticamente chiuse, o anche in barattoli di vetro, ma comunque assai pigiate fra loro, han finito per traslare questa loro infelice condizioni a quanti, persone comprese, si accalcano stretti e stipati in un luogo o in un ambiente chiuso come può essere un treno di pendolari o la metropolitana nell’ora di punta o gli autobus dei paesi più poveri.

Nelle passate settimane – per la precisione dal 14 novembre scorso quando a Bologna, in vista della campagna elettorale per la presidenza della Regione, usando Facebook come passaparola, in 15mila si sono ritrovati in Piazza Maggiore, sventolando appunto sardine di cartone con l’intento d’essere così tanti da sentirsi stipati e uno a fianco dell’altro, per manifestare la propria contrarietà a che il leghista Matteo Salvini possa governare la tradizionalmente “rossa” Emilia-Romagna – il termine Sardine è stato attribuito ad un movimento che, stando ai suoi promotori, non intende farsi partito, ed espressamente bandisce simboli e bandiere che non siano appunto quel pesce, e che non fa manifestazioni, ma flash mob. Un movimento che non ha un programma, ma un manifesto con dei no precisi a proposte inaccettabili, da chiunque siano propugnate.

Un argine insomma a prospettive dalle quali poi sarebbe difficile tornare indietro.

L’idea è venuta, come cantava una vecchia canzone, a «quattro amici al bar», uno di essi – Mattia Santoni, 32 anni, laureato in Scienze politiche – collaboratore di una rivista legata a Romano Prodi: al Paladozza di Bologna, capienza 5.570 posti, quel giorno era prevista una manifestazione con Salvini a sostegno della candidata della Lega e i quattro amici servendosi del tam tam dei social hanno invitato quanti hanno a cuore valori inconciliabili con la logica populista, rasente il razzismo e marcatamente istigatrice di odio e violenza, ad essere uno almeno in più, approssimando 6.000, tanto per dire che la maggioranza non è quella che traspare dai sondaggi.

Ed ecco che stretti stretti come sardine, muti come pesci… prima Bologna, in 15.000, poi Modena, e ancora Milano, Firenze, finanche New York. Migliaia, decine di migliaia, e la somma è presto fatta.

Cantava Lucio Dalla: «Frattanto i pesci / Dai quali discendiamo tutti / Assistettero curiosi al dramma collettivo / Di questo mondo che a loro indubbiamente / Doveva sembrar cattivo / E cominciarono a pensare / Nel loro grande mare / Com’è profondo il mare … / È chiaro, che il pensiero dà fastidio / Anche se chi pensa è muto come un pesce / Anzi è un pesce / E come pesce è difficile da bloccare / Perché lo protegge il mare / Com’è profondo il mare / Certo, chi comanda / Non è disposto a fare distinzioni poetiche / Il pensiero come l’oceano / Non lo puoi bloccare / Non lo puoi recintare … / Com’è profondo il mare».

La prima rivoluzione ittica della storia, è stato detto in questi giorni. Ma ad onor del vero, come riferisce un ricco articolo pubblicato nel sito dell’Ansa, il pesce come simbolo di protesta ha una lunga storia. Durante le persecuzioni romane i primi Cristiani anziché avvalersi della croce tracciavano un semiarco e se qualcuno lo completava con un altro semicerchio, così che i due disegni raffiguravano un pesce, sapevano di essere in buona compagnia, entrambi seguaci di “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore”, che in greco si scrive “Iēsous Christos Theou Yios Sōtēr”, e le iniziali di queste cinque parole ΙΧΘΥΣ – Ictus traslitterato nella nostra lingua – volevano dire “pesce”.

L’articolo dell’Ansa ricostruisce la simbologia del pesce, dalle antiche mitologie alla tradizione alchemica, dall’uso che ne ha fatto Liliana Cavani nel film I Cannibali all’aringa usata da Boris Johnson per protestare contro l’Unione Europea.

E ancora il pesce rosso del movimento studentesco bolognese nel 1977 o la carpa emblema dell’anticonformismo in Giappone e anima di una congiura durante la Rivoluzione francese. Ricorda poi il salmone impiegato “controcorrente” da un gruppo di Radicali propensi al centrodestra in un’era della politica italiana ricca di asinelli, gabbiani oltre a innumerevoli piante elette a emblema di partito. In Parlamento nel 2014 c’è stata la “Protesta della spigola”, sbattuta sui banchi dell’emiciclo dal leghista Buonanno.

Di squali, si sa, se ne trovano in ogni dove, Sant’Antonio, rivolgendosi al mare, aizzò migliaia di sardine disobbedienti dinanzi ai riminesi che lo ignorarono alzandogli un muro di silenzio. E poi, è noto, i pesci furono moltiplicati come i pani.