«Quivi si fa molta seta»: Marco Polo nel Milione descriveva così la Cina, luogo deputato alla produzione del raffinato tessuto che arrivava in Europa dall’Oriente attraverso la “via della seta”, già allora importante rotta commerciale. Il giovane veneziano, che intraprese quel fantastico viaggio dal 1271 al 1289, non poteva certo immaginare che molti, molti anni dopo quella via dal nome così suggestivo sarebbe stata ancora al centro dell’attenzione.
Quale nuova via della seta ha in mente oggi il presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping nella strategia che mira ad un’aumentata influenza di Pechino in paesi strategici dell’Ue, Italia compresa? Secondo Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica “Limes”, la Cina usa il brillante marchio delle nuove vie della seta per costruire una contro globalizzazione a 360 gradi. Pechino, ragiona Caracciolo, si è convinta da un decennio che il sistema geopolitico ed economico centrato sugli Stati Uniti sia in decomposizione, quindi non intende entrarvi come junior partner ma stabilire le regole del nuovo gioco cino-centrico, cui altri potranno aggregarsi. L’Italia, rileva ancora lo studioso, è finita senza accorgersene nel mezzo del ring tra Usa e Cina, esposta ai colpi degli uni e degli altri. Non ci resta che attendere gli sviluppi, sperando che il nostro Paese non finisca per diventare un cavallo di Troia. Intanto vale la pena ripercorrere la storia del famoso tessuto che ha dato il nome a quel percorso animato fin dai tempi antichi da scambi commerciali, culturali, ma anche politici non scevri da conflitti.
La nascita del prezioso e lucente manufatto, simbolo di sfarzo e opulenza attraverso i secoli, tratto dalla larva di un lepidottero (Bombyx mori), definito comunemente baco da seta, si fa risalire a molti anni avanti Cristo. La tradizione narra che sia stata la moglie di un imperatore cinese ad avviare l’allevamento del baco da seta, nel 3000 avanti Cristo. Hsi Ling Shih, questo il nome dell’imperatrice, allevava molti bachi: un giorno mentre era sotto un gelso e beveva tè, un bozzolo le cadde nella tazza, il calore della bevanda permise di dipanarlo, ottenendo un filo lungo quasi un chilometro. Così sarebbe nato l’allevamento dei bachi alimentati dalle foglie di gelso. Nuovi reperti archeologici farebbero tuttavia risalire la lavorazione della seta addirittura al 6000 avanti Cristo. Dalla Cina, già in età greco-romana, la seta veniva esportata in filo o in tessuto proprio lungo la via della seta che, attraverso l’Asia, arrivava a Bisanzio e ad Alessandria D’Egitto. Nel 552 i bozzoli per la lavorazione furono importati in Occidente da due monaci, inviati a questo scopo in Cina da Giustiniano, e da allora la bachicoltura si svilupperà anche nel Mediterraneo. Ma per secoli la sericoltura rimase un patrimonio quasi esclusivamente cinese.
In Italia si comincia a produrre la seta nel Quattrocento, soprattutto in Sicilia e in Calabria. Il nostro Paese diventa il maggior produttore europeo fino al Diciassettesimo secolo quando il primato passa alla Francia. La storia di un giovane commerciante di bachi da seta francese dell’Ottocento ispira il romanzo Seta, scritto da Alessandro Baricco nel 1996. Dopo un periodo di progressivo abbandono della produzione agricola dei bachi da seta sia in Cina sia in Europa, in Italia, oggi, si sta tornando a produrre seta grezza con progetti innovativi presentati anche a livello europeo. L’industria della seta nel nord Italia è ripartita con la produzione per abbigliamento, ma anche per fini cosmetici. La seta ha permesso di realizzare abiti da sogno ed è diventata sinonimo di leggerezza e lucentezza: si dice capelli o pelle di seta. «Non si può fare la rivoluzione con i guanti di seta», ammoniva Stalin.