DAILY LA PAROLA

Sgàgio

Sgàgio, per dire furbo, senza scrupoli. In breve, adatto ai tempi

È tempo di sgàgi. Anzi, si potrebbe dire che lo sgàgio, in veneziano il furbo, lo smaliziato, scaltro negli affari e pronto a imbrogliare il prossimo, è divenuto figura di culto, influencer di una scena politica e sociale molto deteriorata sul piano morale. Tant’è, si fa a gara a chi è più sgàgio, più astuto ed intuitivo nei comportamenti. Che è un po’ come dire che non si va tanto per il sottile.

Se tutti gli sgàgi italici (la maggioranza ha ormai dimenticato buon vivere e maniere adeguate) sapessero che la loro etichetta di furbizia – da piccoli e grandi truffatori, azzeccagarbugli e menefreghisti – ha moltissimo a che fare con la nota zingaraccia di ordinaria follia, forse ci rimarrebbero male. Sì, perché i gagi definivano, nei secoli d’oro della Serenissima – con un epiteto derivato dalla tradizione rom – tutti coloro che zingari non erano (e perciò, secondo ogni discriminazione che si rispetti, un po’ tonti, in ritardo sui tempi, un po’ corti di comprendonio). Gagio, per la minoranza zingara, era quello che per la tradizione giudaico-veneziana era il hamòr, cioè l’asino. I veneziani, tuttavia, proprio non ci stavano a farsi giudicare tutti tonti da un popolo errante: così il gagio, con la semplice aggiunta di una miracolosa “s” in testa (privativa, ma salvifica), divenne ben presto sgàgio: (non) tonto, (non) corto di comprendonio. A uno sgàgio non la si fa. E pazienza se, con una sfumatura ironica degna della miglior polemica d’opposizione, un non-non zingaro, con doppia negazione, possa stare anche per zingaro.

Il termine sgàgio è stato via via declinato in ogni forma: la più usata è il verbo sgagiarseSgàgite!, ossia “fatti furbo!”, si usa per i giovani nella loro educazione sentimentale, per l’ingresso nel mondo del lavoro, o per l’improvvisa metamorfosi del tizio un fià pampe, un po’ scemo, che riveli doti inaspettate nell’imbrogliare il prossimo. Lo sgagiotto poi, a definire la qualità squisitamente becera dell’arrampicatore sociale, di chi dimostra una certa volgarità di fondo, è un ritrattino caricaturale di grande attualità, capace di riscuotere notevoli consensi (anche in termini di voti). Attenzione, però, non è animale innocuo: per lo sgagiotto, i pieni poteri sono una conseguenza inevitabile della furbizia. Pare un’inezia, un calembour, ma – in tempi di crisi – fa la differenza.

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