LA PAROLA

Spread

Se sale, sono guai. Quando scende, tiriamo un sospiro di sollievo. Ma perché? Perché incide sull’economia reale e, di conseguenza, sul portafoglio di ciascuno di noi. Lo spread è la “differenza tra due tassi di interesse”. I più famosi (e preoccupanti)? Gli interessi che paghiamo per il mutuo sulla casa o per l’automobile. Quelli che gli Stati devono sostenere quando emettono titoli per finanziare i deficit di bilancio.Ed è proprio sulle fibrillazioni dello spread che negli ultimi anni si sono giocati i destini politici di alcuni Paesi europei – l’Italia non ha fatto eccezione (vedi il professor Conte e prima ancora il cavalier Berlusconi) – e sono saltati i governi.

Ma restiamo al nostro spread: nella maggior parte dei casi è riferito ai titoli pubblici a 10 anni, ad esempio gli italianissimi Buoni del Tesoro (BTP). Dal 2011 il raffronto viene fatto con il rendimento dei titoli tedeschi, i famigerati Bund, che vengono considerati come una sorta di “bene rifugio”.

Viene misurato in punti base, ed ognuno rappresenta un centesimo di punto percentuale. Supponiamo che i BTP decennali presentino un interesse del 5% e i Bund della stessa durata del 2%. Lo spread è il differenziale tra i due tassi: in questo caso, pari al 3%, ovvero 300 punti.

In sintesi, lo spread misura il rischio che il nostro Paese possa fallire. Viene dunque utilizzato come parametro di riferimento per poter determinare la stabilità economica di un Paese in correlazione con il contesto internazionale.
Il record negativo dello spread in Italia è stato raggiunto a novembre del 2011 quando toccò i 574 punti e appunto determinò la caduta del governo Berlusconi.

Peraltro, non suscitava particolare interesse, lo spread, fino a quando i Paesi dell’Eurozona erano considerati economicamente stabili. Tutto è cambiato nel 2008 con il fallimento della banca Lehman Brothers e la deflagrazione della crisi internazionale, seguiti dal tracollo della Grecia nel 2010. Da allora, le variazioni dello spread sono diventate d’interesse comune e fonte di ansie diffuse.

Ma cosa succede, concretamente, quando lo spread si alza? Le ripercussioni riguardano le casse dello Stato, il mercato azionario e, indirettamente, come ha giustamente sottolineato il Presidente Mattarella di recente, i nostri risparmi e i finanziamenti alle imprese.

Quando lo spread si alza significa che gli investitori ci considerano un Paese meno affidabile, e quindi l’Italia dovrà pagare più interessi sul debito. Come sottolineano i siti economici, un aumento di 100 punti base provoca un aumento della spesa pubblica per una quindicina di miliardi di euro.

Se sale lo spread, aumentano anche i tassi d’interesse che le banche italiane devono pagare per reperire finanziamenti sui mercati. Su chi mai si rifaranno gli istituti di credito? Sulla clientela, ovvio: le imprese e le famiglie. E dunque, tornando all’inizio, il mutuo per gli investimenti in azienda, per la casa e l’automobile ci costeranno di più.

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