LA PAROLA

Stilare

Quando si stila un documento significa che non si fa una redazione qualsiasi, non si scrive istintivamente. Gli atti ufficiali si stilano appunto, secondo criteri codificati.

Lo stilo era l’asticella di osso o di metallo atta a incidere la scritture sulle tavolette di cera. Per cui, si capisce che lo stilare è proprio l’imprimere una volontà secondo tutti i crismi dovuti all’occasione, al riparo da qualsiasi opinabilità. Qui, a ben guardare, c’è forse il limite dello stilare.

Non tutto si può stilare, ma solo ciò che rientra nel perimetro della norma, perché se così non fosse il documento scritto non avrebbe ufficialità. Per cui, che fine fa tutto ciò che il ligio compilatore scarta per non conformità? Insomma, qualcuno potrebbe obiettare che del maiale non si dovrebbe buttare nulla, oppure, con più sospettosità, si potrebbe suppore che forse le parti eliminate siano quelle più interessanti, ma poco codificabili. Deve ancora essere scritto quel documento ufficiale che restituisca l’imbarazzo, il dubbio e il pathos che la vita stessa esprime e che in quelle righe è sottoposta all’incanalamento coatto, tipico dei vagoni ferroviari, inchiodati immodificabilmente ai ferrei binari del codice.

Il lettore, quindi, assiste così allo spettacolo cristallizzato della vita addomesticata dalla norma, a ricordo della supremazia della cultura sulla natura, coronamento del sogno antropocentrico dell’assegnare il nome alle cose.

Anche una semplice lista stilata non sfugge a questo controllo, spingendoci a frugare insoddisfatti nel cassonetto dei rifiuti alla ricerca dei prodotti alimentari scartati, nelle pagine dell’agenda dove rimangono indisturbati i numeri telefonici dei “non invitati” alle feste, ai luoghi misteriosi dove i fortunati/sfortunati protagonisti di una tragedia vivono o giacciono in terra, bianchi o neri, alti o bassi, uomini e non.

Forse, è più interessante conoscere ciò che è riuscito a sfilarsi dallo stilare, rimanendo a noi temporaneamente ignoto.

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