DAILY LA PAROLA

Strassetta (straccivendolo)

Un mestiere ormai scomparso, ma dalla storia importante: li chiamavano "le staffette di Venezia"
L’edificio della Confraternita veneziana

L’ultimo strassetta si chiamava Ciccillo e aveva il deposito in calle Racchetta, non lontano dalle Fondamente Nove. Strano nome, poco veneziano. Però el strassetta, ossia lo straccivendolo, era un mestiere storico della Serenissima: se si mette da parte il commercio di abiti usati da parte degli ebrei del Ghetto (paradossalmente, ritenuto più chic), anche la strassaria minuta ha una lunga tradizione in città. Un mestiere umile, ambulante, fatto da gente umile: al grido «Strasse, ossi, fero vecio da vender, done!», i Ciccilli dei tempi andati percorrevano calli e campielli, in cerca di materiali da utilizzare, oppure stoccare e rivendere. Erano così poveri, i rigattieri al tempo della Repubblica, da non trovare una sede dove riunire la propria Confraternita. Da principio, furono sistemati a San Basso, poi le testimonianze raccontano di un trasferimento a San Zulian. Finalmente, nel sedicesimo secolo, riuscirono – a suon di di risparmi e donazioni – a costruire la loro Scuola di fronte a Santa Maria Maggiore (attualmente fa parte del Carcere). Tuttavia, per far quadrare i bilanci (miseria per miseria) dividevano l’edificio con altre categorie dalle entrate modeste, in nome di San Giacomo, il Santo protettore degli strazzaroli.

Certo è che l’arrivo in corte del strassetta, specie nella bella stagione, costituiva una festa, la possibilità di ricavare qualche soldo o di trovare un abito ancora in buono stato, appena da sistemare. «Al strassetta se dise tuto, o squasi» (Allo straccivendolo si racconta tutto, o quasi), suggerisce un detto popolare: vuoi per fare affari, o per ingraziarsi le simpatie del venditore. «Se dise tuto», fino al punto di confidare pettegolezzi o, magari, segreti di Stato custoditi in qualche modesta alcova. Secoli dopo, saranno spesso i strassetta a nascondere ricercati nei depositi, tra i veri veci da vender; sempre loro, insospettabili manovali spesso in movimento, a fornire documenti falsi e portare dispacci. «Le staffette di Venezia», così se ne è parlato dopo la Liberazione.

Poi, le cose sono cambiate. Con il benessere economico più diffuso, si sono trasformati i bisogni e l’offerta (persino a Venezia, fino ad una certa epoca un po’ in ritardo sul progresso, prima di essere sopraffatta dal consumismo turistico più sfrenato). Così, negli anni Settanta del secolo scorso, Ciccillo ha chiuso il suo deposito ed è andato a lavorare a Porto Marghera, a verniciare barche. Chissà se gli è convenuto, la cantieristica navale è un mestiere pessimo per la salute. Si dice in giro, però, che el strassetta abbia messo su, tra i capannoni,  una rivendita abusiva di pennelli usati e rottami di navigazione, molto frequentata dagli operai. Quando si dice l’abitudine …