LA PAROLA

Stupore

Immagine dal film “La vita è bella”

È dipinto sui volti dei bambini la mattina di Natale, quando trovano il salotto invaso di regali e il piattino con i biscotti con poche briciole rimaste, inequivocabile segno del passaggio di Babbo Natale. Si sente aleggiare nell’aria, quando accade qualcosa di imprevisto, che lascia un senso di inatteso e per cui non si sa bene come comportarsi. Lo prova chi esce dall’area “Arrivi” all’aeroporto e trova lì qualcuno ad aspettarlo. Lì a eliminare quella tristezza, che prova chi non ha nessuno a scalpitare e a controllare il monitor degli atterraggi.

È lo stupore, parola che racchiude nel suono il suo significato, con quella “o” che sembra simulare l’espressione che si fa quando si è davvero stupiti. Come si legge sul vocabolario Treccani, si definisce stupore una «forte sensazione di meraviglia e sorpresa, tale da togliere quasi la capacità di parlare e di agire».

Si tende ad assegnare a questa parola un significato prevalentemente positivo, legando lo stupore a quelle situazioni che lasciano senza parole perché troppo belle, che ci paralizzano perché vorremmo fermare l’attimo e goderlo per più tempo possibile. In medicina, però, questo termine assume una significato diverso, soprattutto quando si entra nel campo della psichiatria: «stato di arresto completo della motilità volontaria associato a intoppo, rallentamento o torpore dell’attività ideativa e a un distacco dalla realtà esterna». Come se un evento traumatico portasse con sé una serie di conseguenze che bloccano il corpo e la mente, tanto da allontanare il soggetto dalla realtà. Qualcosa di ben diverso dallo stupore che colora le facce, donando quella buffa espressione di meraviglia e di inaspettato.

Come diceva Cesare Pavese, «lo stupore è la molla di ogni scoperta. Infatti, esso è commozione davanti all’irrazionale».

 

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