DAILY LA PAROLA

Tara

Propriamente la tara è «quanto risulta dalla detrazione della massa netta di una merce dalla massa lorda». Derivata dell’arabo tarh che significa “detrazione”, la parola per lo più indica la massa o il peso dell’imballaggio che racchiude una merce.

Della parola prevalentemente se ne servono quanti, per esempio, vanno dal pizzicagnolo (termine usato non in tutta l’Italia per indicare il negoziante che vende al minuto salumi, formaggi e altri generi alimentari che pizzicano, altrove detto norcino, pizzicarolo, salumaio o salumiere) a comprare un etto di prosciutto e vogliono che lo scontrino sia fatto senza contare il peso della carta su cui viene appoggiata la merce.

Ma la parola è entrata con maggior frequenza nel linguaggio corrente quando è impiegata nell’espressione «fare la tara su qualcosa o a qualcuno» con la quale si vuol intendere di non prestare eccessivamente ascolto a quanto gli altri affermano, a non fidarsi troppo di quel che vien detto, a prendere le distanze da quello che si promette.

Imparare a far la tara è indispensabile per vivere, soprattutto ora che in troppi si sono abituati ad aprire la bocca, addirittura spergiurare e poi lasciar cadere il tutto nel vuoto, in un niente assoluto, con un vezzo che in realtà non porta in alcun luogo, non giova a niente.

Ma impararlo davvero, oltre che triste, rischia di condurre a una diffidenza cronica, al disincanto assoluto che può accompagnarsi solo alla distanza dagli altri, all’abbandono del mondo.

Il segreto sta tutto nel mantenere lucidità e consapevolezza: un mesto sorriso sul proprio volto.

Tags