CRITICA LIBRI

Trent’anni in prima linea

"Cronache dal fronte. Parole è immagini" (Castelvecchi, 2019), di Amedeo Ricucci è un libro forte, che esce dalle strettoie della pura cronaca di guerra. Destinato a chi non si accontenta di "sapere", solo attraverso lo zapping televisivo consumato tra le mura domestiche
Amedeo Ricucci in Iraq nel 2016

Raccontare la guerra è impresa sicuramente ardua e che spesso richiede uno sforzo epico per il cronista attento, oltre che avventuroso, ma che si può narrare senza retorica, in un intreccio unico tra parole e immagini, senza che le une tradiscano le altre e viceversa. Lo insegna Amedeo Ricucci con le sue Cronache dal FronteParole e immagini (Castelvecchi, 2019), un testo che raccoglie trent’anni della sua esperienza in prima linea, sui fronti di guerra di mezzo mondo come inviato del Tg1. Dall’Afghanistan alla Palestina, dalla Siria al Kurdistan e al Nord Africa, «lungo quella faglia geopolitica che è si aperta negli ultimi decenni, sconvolgendo quel mondo così come lo si conosceva prima. È lì che ho consumato in questi ultimi anni le suole delle mie scarpe”», scrive. E le sue cronache dalla trincea fanno riflettere su un’epoca in cui il “mestiere”, almeno come lo abbiamo conosciuto fino ad ora, sembra decisamente avviarsi verso il tramonto.

Nell’era delle fake news, delle notizie da telefonino, del giornalismo strillato dalle terrazze degli alberghi, Ricucci lancia la sua sfida. «Le parole e le immagini devono danzare avvinghiate le une alle altre come in una coppia di tango. E se c’è un segreto per raccontare storie in tv, beh, secondo me sta tutto qui». Sfida ai limiti dell’impossibile soprattutto nell’ambito del giornalismo televisivo italiano, in cui, come fa notare lo stesso Ricucci, parole e immagini viaggiano spesso in parallelo senza incontrarsi. E allora ecco l’esperimento che l’autore ha voluto proporre nelle scuole di giornalismo: riuscire a fare cronaca unendo i due linguaggi e le due tecniche. Così ne è nata un’antologia di storie narrate con la penna e allo stesso tempo con le immagini. A corredare il testo, dal libro è possibile accedere ai servizi andati in onda inquadrando con lo smartphone il Qr Code che si trova alla fine di ogni capitolo. Il lettore ha così la possibilità di confrontare i due linguaggi, accostando lettura e visione, e di emettere il proprio giudizio.

Cronache dal fronte non è solo un testo per addetti ai lavori, aspiranti giornalisti e simili. È soprattutto un libro che esce dalle strettoie della pura cronaca di guerra, per raccontare a chi vuole conoscere, esplorare, lontano dallo zapping televisivo consumato tra le mura domestiche.  «Sono storie di chi la guerra la deve subire, oppure sceglie di combatterla o l’ha persa – spiega l’autore – storie di uomini, donne e bambini che di volta in volta mi sono sembrate le più appropriate a rappresentare quel conflitto, perché ne mettono in evidenza le radici, gli orrori o le conseguenze».

Un diario di viaggio in cui nel narrare storie, non si perde di vista il legame con la Storia. In cui si cita Robert Capa ma anche il “fotografo Elio”, dove si trovano mercanti di armi che espongono le rastrelliere con i kalashnikov sui marciapiedi di Tripoli come fossero ceste di frutta, ma ci sono anche Padre “coraggio” Paolo dall’Olio, il gesuita prigioniero dell’Isis, “medici con la pistola” e “giornalisti pignoli”. E in cui, alla fine si sorride sul connubio tra alcol e giornalismo. Che, come garantisce l’autore, «esiste eccome». Se non altro «per chi, questa professione l’ha vissuta andando sul campo e non restando con le chiappe appiccicate a una scrivania». E conclude citando uno dei più grandi inviati di sempre, Ernest Hemingway.