LA PAROLA

Vecchio

Allan Karlsson compie cent’anni e fugge dalla casa di riposo per non essere costretto a festeggiare l’imbarazzante ricorrenza e poter cominciare così una nuova vita. «Quando pensi di non avere molto tempo puoi permetterti certe liberta», commenta Jonas Jonasson, autore del libro Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve.

Glauco Mauri, anni 87, si cimenta ogni sera dal vivo con Finale di partita di Samuel Beckett, sfoderando una prestazione magistrale e ostentando la voce sofferta, ma ancora impeccabile, tanto da mettere in crisi tutti i giovani attori odierni.

Andrea Camilleri, anni 93, rimasto sconosciuto fino ai 70, ha poi partorito il personaggio amatissimo del commissario Montalbano. È così che ha cominciato a invecchiare insieme a lui, che di anni ne aveva una quarantina. A chi gli chiede il trucco per non invecchiare, Camilleri risponde: «La saggezza mentale non l’ho mai avuta e continuo a non averla».

Charles Aznavour, anni 93, ha festeggiato i 70 di carriera ancora in concerto, entusiasmando i suoi fan. Di smettere proprio non ne ha voglia. «Je ne suis pas vieux, je suis agé», ha detto in un’intervista alcuni mesi fa, spiegando che vieux e agé non sono proprio la stessa cosa. Il francese vieux in italiano si traduce “vecchio”, agé invece è molto più usato in Francia per indicare una persona “anziana” o meglio “attempata”.

Essere vecchio, cioè molto avanti con gli anni, talvolta è solo un dettaglio. Gli esempi citati lo dimostrano, fuori da ogni connotazione negativa che contrappone la parola a “giovane” o “nuovo”. Il vino vecchio, purché ben conservato, è migliore di quello novello. Eppure c’è chi si è ingegnato che i vecchi e addirittura i nemmeno tanto anziani, debbano essere “rottamati” e di essi si possa e se debba fare a meno, indipendentemente dalle loro qualità. D’altra parte ha senso che gli anziani lascino spazio ai giovani, è una regola di natura ed è salutare al funzionamento della società.

Per gli inglesi tutti sono vecchi dopo essere nati: «I’m seven years old», risponde il bambino a chi gli chiede l’età, non dimenticando quell’old, che in inglese vuol dire “vecchio”.

In una stagione non lontana della storia italiana si è parlato a lungo di un “grande vecchio”, personaggio oscuro e inquietante, capace di controllare e manovrare gruppi sociali e politici: piazza Fontana, l’Italicus, piazza della Loggia, la stazione di Bologna, Gladio o la P2. Ecco un vecchio di cui oggi facciamo volentieri a meno.

In Europa i vecchi over 85 sono sempre di più, sempre meno fragili e più autonomi: una rivoluzione della longevità, come spiega la professoressa Viviana Egidi, della Sapienza di Roma. È la fascia della popolazione destinata ad aumentare di più in futuro. Eurostat, l’ufficio di statistica dell’Unione europea, ha stilato una graduatoria delle regioni europee con la più alta popolazione di over 80 e di queste nove sono regioni italiane, con la Liguria in testa.

La parola vecchio comunque continua a non godere di buona fama: per molti disegna ancora una fase triste della vita, soprattutto per chi vi arriva privo dei necessari mezzi di sostentamento, non solo materiali. Se unito alla solitudine, essere vecchio può diventare drammatico. Tristissima l’immagine che ne dà Jaques Brel nella celebre canzone Les vieux : «I vecchi non parlano più oppure solo a volte, dal fondo degli occhi; anche ricchi sono poveri, non hanno più illusioni, hanno un solo cuore per due».

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