Dopo l’articolo sulla cardiologia molecolare Alla scoperta dei misteri racchiusi nel cuore, pubblichiamo oggi un altro articolo in vista del convegno Bio.Med.Day: la scienza medica e le sue prospettive future, organizzato dall’Unione degli Universitari – Sinistra Universitaria (Udu) e Udu Medicina, anche in collaborazione con TESSERE, in programma per martedì 6 marzo dalle ore 9 alle 19 al Plesso didattico Morgagni di Firenze. Questi gli autorevolissimi ricercatori che interverranno al convegno: Elena Cattaneo, direttrice del laboratorio di Biologia delle cellule staminali e Farmacologia delle malattie neurodegenerative dell’Università Statale di Milano; Michele De Luca, direttore del Centro di Medicina rigenerativa dell’Università di Modena e Reggio Emilia e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni; Silvia G. Priori, professore associato presso l’Università degli Studi di Pavia, primario dell’Unità operativa di Cardiologia molecolare presso la Fondazione Maugeri di Pavia e direttrice del Dipartimento di Genetica cardiovascolare alla University School of Medicine di New York; Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Unità operativa di Nefrologia e dialisi e del Dipartimento di Medicina dell’Azienda ospedaliera Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Gli articoli verranno pubblicati anche nel giornale realizzato dagli studenti di Udu Medicina. Questi articoli, che TESSERE ha deciso di pubblicare su suggerimento di Amine Graouate sono scritti da studenti universitari delle facoltà medico-scientifiche dell’Università di Firenze.
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Quando si parla di terapia genica, si intende l’utilizzo di materiale genetico (DNA) come farmaco per curare gravi patologie derivanti appunto da alterazioni a livello dei geni. Il principio di base è che, se il problema della patologia è un errore nella sequenza di basi del DNA, correggendo quell’errore si potrà ristabilire il corretto funzionamento della sequenza e quindi del gene che risulta essere alterato.
In parole povere è come se i difetti genetici fossero gli errori ortografici e la terapia genica la maestra che li corregge con la sua penna rossa insegnando all’alunno a non ripeterli. Per rimanere nella metafora, la penna rossa è il vettore – generalmente un virus privato della sua attività tossica – che permette l’inserimento del DNA sano all’interno di quello malato. Sarà quindi necessario in primo luogo conoscere la malattia, la sua sede e le sue basi genetiche. Dopodiché si potrà pensare di correggere il difetto inserendo l’allele sano al posto di quello malato.
Questo approccio è stato inizialmente messo appunto per le malattie mendeliane, cioè quelle patologie che si trasmettono secondo le regole di Mendel. Da queste poi lo spettro d’azione è stato ampliato alle malattie genetiche più comuni, primi tra tutti i tumori.
La storia della terapia genica vede anche l’Italia tra i suoi protagonisti, con l’Istituto San Raffaele di Milano in prima fila nello sviluppo e nella ricerca di nuove tecniche per il trattamento di gravi patologie, come ad esempio le leucemie. A questo proposito è stata fondamentale l’associazione con l’immunoterapia oncologica, ovvero quella branca dell’immunoterapia che manipola il sistema immunitario dei soggetti malati al fine di trarne una cura per il loro stesso tumore. In poche parole, riprogrammare noi stessi per curarci da soli.
Ma è molto più di questo. Ogni giorno l’organismo umano produce mutazioni, ma fortunatamente è progettato in modo tale da riparare queste alterazioni. Talvolta però questi meccanismi di riparazione non funzionano, ed è in quel momento che si rompe il delicato equilibrio ed insorge la malattia tumorale. Dunque il nostro organismo è già in grado di autoripararsi, ma questa capacità può andare perduta per vari motivi.
L’immunoterapia appunto consiste nel rieducare le cellule del sistema immunitario a tornare a svolgere le loro funzioni di sentinella. Una delle tecniche più promettenti in questo campo è Car-T, acronimo di recettore antigene-specifico chimerico. Il principio sta nell’estrazione dei linfociti T del paziente, all’interno dei quali viene inserito un segmento di DNA in grado di riconoscere le cellule cancerose. Le cellule ingegnerizzate vengono quindi reinserite nel paziente ed andranno alla ricerca di quelle malate, aggredendole ed eliminandole.
Quest’alleanza fra terapia genica ed immunoterapia con Car-T sembra essere risolutiva nel trattamento delle leucemie, ed in particolare delle forme linfoblastiche acute, tumori ematici pediatrici particolarmente aggressivi. Ad agosto 2017 la “Food and Drug Administration” ha approvato il farmaco Tisagenlecleucel per pazienti pediatrici e giovani adulti sotto i 25 anni colpiti da gravi forme incurabili di leucemia linfoblastica acuta da cellule B. Il farmaco rappresenta la prima terapia a base di Car-T approvato a livello mondiale e, a pochi mesi da questa svolta, dà già i suoi frutti: Leucemia, curato con la terapia genica un bambino di 4 anni, questa è la notizia che hanno dato tutti i giornali in prima pagina il 1 febbraio 2018, pochi giorni fa.
Il giovane paziente, affetto da leucemia linfoblastica acuta, aveva già avuto due ricadute e non rispondeva alle terapie convenzionali. È stato curato all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, dove, a un mese dall’infusione delle cellule riprogrammate, il professor Franco Locatelli, direttore del dipartimento di onco-ematologia pedriatrica, afferma: «È ancora troppo presto per avere la certezza della guarigione, ma il paziente è in remissione: non ha più cellule leucemiche nel midollo».
Un nuovo successo italiano ed un piccolo miracolo per questo bimbo di 4 anni e la sua famiglia, nonché un faro di speranza per tutti i malati di leucemia linfoblastica acuta.