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Wired: la bufala del panico Usa

Orson Welles durante la trasmissione della “Guerra dei mondi”nel 1938. (AP Photo)

A sostegno di alcune delle argomentazioni di cui il professor Enrico Menduni, docente di Cinema, fotografia, televisione al Dams dell’Università Roma Tre, dà conto nel suo saggio di accompagnamento alla pubblicazione del volume di TESSERE contenente la traduzione italiana del celebre romanzo di Herbert George Wells, La Guerra dei Mondi, per la prima volta a puntate sul “Pearson’s Magazine” fra l’aprile e il dicembre del 1897 e considerato uno dei capostipiti del genere fantascientifico, e del suo adattamento radiofonico che il 30 ottobre 1938 andò in onda per iniziativa di Orson Welles, merita citare un articolo di Stefano Dalla Casa pubblicato il 1 settembre 2017 sulla rivista “Wired” con il titolo Fake news d’epoca: “La guerra dei mondi” di Orson Welles e il mito del panico di massa.

Dalla Casa esordisce affermando che il radiodramma La guerra dei mondidiretto e interpretato da Orson Welles. trasmesso in diretta dagli studi della CBS di New York la sera della vigilia di Halloween di ottanta anni fa, rientra sicuramente tra le possibili definizioni di fake news: «era infatti composta da notiziari in tutto e per tutto simili a quelli reali, ma parlavano dell’invasione aliena immaginata da Herbert George Wells nell’omonimo romanzo».

Di più: «La fake news, in questo caso una vera e propria opera d’arte, da allora è entrata nella cultura popolare. E come poteva essere altrimenti, visto che avrebbe convinto i telespettatori di essere sotto attacco dei marziani? Tra le numerose citazioni, basta ricordare il XVII special di Halloween dei Simpson: il panico scatenato dal radiodramma offre l’opportunità per un vero attacco da parte degli ettapodi di Arrival di Kang e Kodos».

Dalla Casa sostiene che «l’idea che il geniale e ambizioso regista abbia terrorizzato una nazione in questo modo è uno dei motivi per cui questo episodio è così famoso», ma – aggiunge – «la realtà è che gli effetti del radiodramma sono stati molto ingigantiti: a partire dai sensazionalistici resoconti della stampa dell’epoca si è radicata la leggenda urbana di un’America che, nel giro di un’ora, si arma e si barrica nelle case o fugge sulle colline, pronta a resistere ai Tripodi».

Racconta Dalla Casa: «La Guerra dei mondiera la diciassettesima puntata della serie The Mercury Theatre on the Air, nel quale Welles portava in radio grandi classici della letteratura, da Draculaa Cuore di Tenebra. Trattandosi di una trasmissione senza pubblicità, non c’erano molte occasioni di ricordare al pubblico cosa era in onda, e nel caso della La guerra dei mondidistinguere la recitazione da un genuino notiziario poteva essere impossibile. Welles aveva lavorato sodo per ottenere questo effetto: nonostante l’episodio fosse chiaramente riportato nei palinsesti e che a 40 minuti dall’inizio sia stato ripetuto che si trattava di finzione, molti telespettatori si trovarono ad ascoltare un incredibile notiziario».

Nota a questo punto l’autore che «la stragrande maggioranza degli americani non seppe niente dell’impresa di Welles fino al giorno successivo: The Mercury Theatre on the Air non era un programma molto popolare. Secondo i numerosi documentari prodotti milioni e milioni di ascoltatori cambiarono stazione per passaparola. Eppure un sondaggio telefonico che comprendeva 5.000 abitazioni stabilì che il 98% delle persone quell’Halloween ascoltava altro. Anche considerando i limiti del sondaggio (non tutti avevano il telefono) difficile credere che quella sera l’America si attendesse l’apocalisse. Per dare qualche numero, è stato stimato un pubblico di 6 milioni, di cui fino a un milione (ma oggi la stima è considerata esagerata) è stato in qualche modo tratto inganno. In quel periodo negli Stati Uniti vivevano 130 milioni di persone».

Si chiede allora Dalla Casa per quanti degli ascoltatori “ingannati” da Welles si possa parlare di panico per l’invasione aliena? «Davvero pochi – è la risposta –. Secondo lo storico A. Bradley Schwartz, autore di Broadcast Hysteria: Orson Welles’s War of the Worlds and the Art of Fake News(Farrar, Straus and Giroux, 2015) solo nel 27% delle circa 2.000 lettere inviate a Welles e alla Federal Communication Commission gli ascoltatori raccontavano di essere stati terrorizzati, o di avere assistito a scene di panico».

Prosegue l’articolo: «Una delle prime indagini sul fenomeno aveva inoltre scoperto che la maggior parte di questi ascoltatori credeva che i tedeschi avessero attaccato (era il 1938) o che si trattasse di un disastro naturale. La reazione più comune fu in realtà piuttosto pragmatica: le persone cominciarono a telefonare per chiedere informazioni alle autorità o ai giornali, anche qui molto spesso senza avere la minima idea che c’entrassero in qualche modo gli extraterrestri. Furono davvero pochissimi a lasciare realmente le proprie abitazioni per lo spavento, e si trattò di casi isolati e per niente rappresentativi».

Come si creò allora il mito degli Stati Uniti in preda al panico? «Certamente la trasmissione – scrive Dalla Casa – aveva creato abbastanza scompiglio da essere una notizia, e i giornali non si fecero sfuggire l’occasione di dedicare la prima pagina al panico diffuso causato dalla Guerra dei mondi. Gli articoli offrivano resoconti in massima parte gonfiati e abbelliti, delle vere e proprie fake news che però questa volta raggiunsero davvero tutta l’America (e alle quali tutti credettero)».

Per l’autore Orson Welles non poteva, dal canto suo, «essere più soddisfatto: le sue scuse a chi era stato beffato sono forse una delle sue più grandi interpretazioni. Col passare degli anni la leggenda si è consolidata e ormai fa parte del folklore. Ma esiste un livello di analisi più profondo. In quel periodo la radio era appena arrivata tra i mass media, ed era già temuta. La guerra dei mondi sembrava confermare magnificamente la tesi secondo cui questa forma di comunicazione avrebbe corrotto la democrazia. Non si temevano tanto i marziani, quanto il potere del nuovo media di soggiogare menti e anime».

A sostegno di questa spiegazione l’articolo cita quanto hanno scritto a riguardo gli storici Jefferson Pooley e Michael J. Socolow su “Slate”: «Come la radio era il nuovo medium degli anni ’30, aprendo nuovi ed eccitanti canali di comunicazione, ora internet ci offre sia la promessa di un futuro comunicativo e dinamico, sia le distopiche paure di una nuova forma di controllo; la perdita della privacy; e attacchi da spaventose e misteriose forze. Questa è la paura che anima la nostre fantasie di orde in preda al panico, ora come allora».