«Seguirà comunicato», così si chiudeva il pezzo del cronista di “Repubblica” pubblicato il giorno dopo l’uccisione del professor Vittorio Bachelet, vice presidente del Csm, sulle scale della Sapienza di Roma mentre conversava con la sua assistente Rosy Bindi.
Oggi volevamo scrivere di questo delitto delle Br, visto a quarant’anni di distanza. Ma il pezzo di cronaca di quel giorno è troppo bello e non ce la siamo sentita. Era firmato Giampaolo Pansa, recentemente scomparso, e vale la pena leggerlo a questo link.
Qui riportiamo soltanto un passaggio, che dà l’idea della vaglia di cotanto cronista: «Proprio dall’aula intitolata a Moro, l’aula 11 di Scienze politiche, comincia l’ultima giornata del professor Bachelet. Attorno a lui, vittima inconsapevole, c’è una scenografia perfetta. Sembra costruita apposta per un film politico da concludere nel sangue. Un sole splendido di primavera. I pini marittimi. I marmi fascisti dello Studium Urbis. Le pompose scritte in latino. “Iustitia omnium est domina et regina virtutum”».
L’aggiornamento a oggi è che vennero individuati e condannati i due terroristi che fecero fuoco, Annalaura Braghetti e Bruno Seghetti. Entrambi hanno ormai da tempo scontato la pena e, come racconta il figlio Giovanni Bachelet in questa bella intervista al “Corriere della Sera”, padri della patria come Vittorio Bachelet e Aldo Moro si sarebbero probabilmente felicitati di ciò per aver dato attuazione all’articolo 27 della Costituzione che recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».