DAILY LA DATA

16 gennaio 1933
Nasce Susan Sontag

Uscendo dai grandi fatti, dalle date storiche, dalle pietre miliari scolpite con il sangue dei vincitori, oggi si ricorda che nel lontanissimo 1933 nacque Susan Sontag un’intellettuale americana – scrittrice ma soprattutto saggista – che influenzò moltissimo il clima culturale occidentale (negli anni che andarono dal ’60 al 2000) e che non fu, né è tuttora ascrivibile al pensiero mainstream in cui troppo spesso ci compiacciamo di appartenere. Fu una battagliera combattente dalla forte personalità. Affrontò con coraggio temi sociali, culturali e politici a tutto campo. Scrisse saggi scomodi e controcorrente, spaziando dalla letteratura pornografica alle droghe, dal cinema alla fotografia, dall’arte moderna all’estetica omosessuale.

Nacque a New York da una famiglia ebrea. Perse il padre giovanissima (si chiamava Jack Rosenblatt) e cambiò cognome in seguito al secondo matrimonio della madre (Mildred Jacobsen) diventando Sontag. Donna molto intelligente compì studi di filosofia a Berkeley a cui seguì una seconda laurea in storia a Chicago e una terza in letteratura inglese ad Harvard. Si sposò giovanissima (aveva 17 anni) e dopo il divorzio iniziò una lunghissima relazione, durata tutto il resto della sua vita (morì nel 2004) con la fotografa Annie Leibovitz.

In tempi come questi, tempi di guerra, tempi di ipocrisia politica acuta, tempi di indifferenza in cui non ci si vergogna più delle contraddizioni ma anzi, ci si compiace del cambiare continuamente opinione, dell’essere sempre di moda, del riuscire a stare a galla indipendentemente da qualsiasi onda ci abbia travolti, in tempi come questi dicevamo, ci sembra giusto riportare le parole da militante pacifista pronunciate molti anni fa dalla Sontag ricevendo il Premio Gerusalemme: «Che cosa intendiamo con la parola pace? Intendiamo forse assenza di conflitto? Oblio? Perdono? O forse una grande stanchezza, un esaurimento, il prosciugamento di ogni rancore? A me pare che per la maggior parte della gente pace significhi vittoria. La vittoria del proprio schieramento».

Omosessuale dichiarata e impegnata, Sontag fu una voce scomoda nella e della coscienza americana. Collaborò con giornali importanti, “Partisan Review”, “New Yorker”. Prese posizioni politiche contro le guerre in Bosnia, in Iraq e in Vietnam – pubblicando le fotografie di guerra in un libro, Davanti al dolore degli altri, che ebbe grande successo – e dopo l’attentato alle Torri gemelle arrivò a sostenere che tutto era dovuto alle alleanze americane (disse anche che i terroristi non potevano essere collocati tra i vigliacchi, cosa che dovette rivedere e rinnegare in seguito alle proteste anche dei suoi lettori). Fu comunque una voce costantemente fuori dal coro. Una donna che cercò sempre un diverso punto di vista nel guardare le cose del mondo. Fu anche attrice. La ricordiamo in Zelig di Woody Allen.

Tra le cose più interessanti infine ricordiamo i saggi sul dolore – considerati tra i più struggenti – come Malattia come metafora e L’Aids e le sue metafore. Li scrisse quando sapeva di avere il cancro. Non serve piangere, disse, ma serve ragionare e capire perché certi mali sono utili al potere e alla società per rappresentare il Male. La tubercolosi, la sifilide, il colera, la lebbra, il cancro, l’Aids… ogni epoca, aggiunse, li ha utilizzati per diffondere panico e paura, per attribuire la malattia a comportamenti inaccettabili e scorretti secondo una certa morale corrente… Insomma una donna coraggiosa.