Il 16 maggio del 1974, veniva arrestato per la terza volta Luciano Liggio, la primula rossa di Corleone, uno dei mafiosi più feroci e sanguinari nella storia di Cosa Nostra. Terza e definitiva perché in carcere morì nel 1993, per infarto. Lucianeddu Leggio, questo il vero cognome mutato in Liggio per un errore di trascrizione, è stato uno dei maggiori imputati al maxiprocesso di Palermo del 1986-1987.
Era nato Corleone da una famiglia contadina, affiliato fin da giovanissimo nella cosca dallo zio paterno Leoluca Leggio. Il primo arresto avvenne il 2 agosto 1944 per il furto di grano, che gli costò la condanna a un anno e quattro mesi di reclusione, interamente condonata. Ma la sua vera “carriera” iniziò poco dopo, con una lunga serie di accuse di omicidio, tra cui, nel 1948 quello del sindacalista Placido Rizzotto. Assegnato al confino pochi mesi dopo, non si presentò all’udienza e iniziò la lunga latitanza terminata venti anni dopo, con il secondo arresto.
Socio di Tano Badalamenti della cosca di Cinisi, entrò in contrasto con il potente boss Michele Navarra mandante di un attentato contro lo stesso Liggio, che rimase solo leggermente ferito. Fu la condanna a morte per Navarra e per i suoi più stretti collaboratori, nonché l’inizio di un lungo periodo di sangue a Corleone, che portarono Liggio e i suoi ai vertici di Cosa nostra. Per quelle stragi, Lucianeddu venne arrestato e processato nel 1968, con l’imputazione di essere tra i mandanti e gli esecutori. Venne, tuttavia, assolto per insufficienza di prove da tutti i capi di imputazione.
In quegli anni, uno dei suoi luogotenenti era Totò Riina, con cui Liggio organizzò la cosiddetta “strage di viale Lazio”, affidata allo stesso Riina, a Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella, contro il boss nemico Michele Cavataio.
Sospettato di essere implicato nella sparizione del giornalista Mauro De Mauro e nell’omicidio del procuratore Pietro Scaglione, che coordinava le indagini sulla scomparsa del giornalista, fu il mandante di numerosi sequestri di persona a scopo di estorsione avvenuti nel Nord Italia, tra cui quello dell’imprenditore americano Paul Getty III, nipote di uno degli uomini più ricchi del mondo. Fu arrestato per la terza volta dalla Guardia di finanza proprio nell’ambito dell’indagine su quei rapimenti. Condannato all’ergastolo per l’omicidio di Michele Navarra, dalla prigione, Liggio commissionò a Riina e Provenzano, l’omicidio del tenente colonnello Giuseppe Russo, avvenuto nel 1977. Fu uno degli ultimi momenti del suo lungo periodo di potere, oscurato dall’ascesa dei suoi stessi luogotenenti Riina e Provenzano.