DAILY LA PAROLA

Drago

È paradossale che uno degli animali più simbolici e imprescindibili di tutte le tradizioni culturali umane, presente nell’araldica, nel mito e nella cultura alta e popolare, in realtà… non esista.

Il drago è un’astrazione, una chimera composta con parti prese da altre bestie, una rappresentazione che può essere stata costruita dalla paura istintiva dell’uomo per i rettili o dalle astrazioni effettuate sui ritrovamenti fossili; indubbiamente sono esistiti rettili mostruosi sulla Terra prima di noi, e senza la loro scomparsa noi non avremmo mai potuto conquistare il pianeta.

La parola drago fu concepita dai greci  per indicare appunto questo stereotipo psichico imprescindibile ed è una costruzione elaborata dal verbo vedere (radice darc), usata per parlare di favolose creature serpentine dotate  di ali, fiato sulfureo  e di una vista finissima, poste spesso a guardia di soglie o tesori antichi. Il drago non possiede solo l’agilità e la fredda sensorialità dell’aquila e del serpente, ma anche il vigore e la resilienza del leone e dell’ppopotamo; un drago è posto a guardia dei pomi delle esperidi, un “serpente” diabolico rivela le proprietà segrete del frutto agli uomini primordiali posti nell’Eden, vari draghi serpentiformi concedono rivelazioni misteriche a saggi e guerrieri cinesi e coreani.

Questi rettili dotati di capacità sovrannaturali compaiono nelle culture mesopotamiche, nelle leggende dell’Africa centrale, nelle tradizioni dell’Asia gialla e persino nelle Americhe precolombiane, spesso sempre con gli stessi attributi variati leggermente: non sono solo bestie resistenti ma i loro organi hanno proprietà magiche, magari non controllano il fuoco ma il tempo atmosferico, magari non conservano tesori ma segreti preziosi.

Nella mitologia egizia troviamo la missione degli dei di respingere il serpente del Caos Apophis, mentre nella mitologia babilonese Marduk assume il ruolo di uccisore di Tiamat, mostro proteiforme femminile spesso indicato come femmina; il drago può rappresentare quel caos primigenio da cui è bene tenersi alla larga, invece che un richiamo a un’energia celestiale trascendente.

Nel Cristianesimo il drago acquista veste puramente negativa: il diavolo appare nelle rivelazioni di San Giovanni come la forma finale che il diavolo assume per attaccare la Madonna e il Cristo, con sette teste che simboleggiano sette uomini politici nemici del cristianesimo, ma lo stereotipo di un drago multicefalo malvagio è sempre stato di gran successo, a cominciare dall’Idra greca.

Il mostro che il cavaliere deve affrontare nell’epica medievale è quasi sempre un drago, che si mantiene come simbolo di prove da superare ed ora anche del peccato; ma anche  San Giorgio convince i cocciuti libanesi a convertirsi al cristianesimo uccidendo il drago, riprendendo il mito di Andromeda salvata da Perseo, metafora di una faticosa negoziazione della moralità cristiana con le ansie rappresentate dalla memoria del paganesimo e dell’angoscia esistenziale del genere umano.

Alcuni zoologi si sono divertiti a dare il nome di drago a lucertole troppo piccole per sostenere la parte, mentre anche piante e sostanze naturali sono state appellate come relative ai draghi, per via delle loro virtù intense.

E oggi il drago regna ancora nell’immaginario, con le stesse identiche modalità del passato: avversario o comprimario di storie fantastiche, simbolo o strumento, balocco o spauracchio, innocuo animale da compagnia o nemico ultimo da sconfiggere.

La sua principale caratteristica rimane l’ambiguità: può essere il miglior alleato dell’uomo o il suo finale avversario, può sopravvivere eternamente oppure essere sacrificato, sia come nemico sconfitto che come capro espiatorio, per la realizzazione dell’obiettivo finale di una narrazione.

In ogni caso, il drago è uno dei simboli principali di come l’uomo visualizza il potere della natura e della comprensione di essa lungo la sua storia.