DICONO DI NOI LA CASA EDITRICE

In edicola “Left” dedicato a Gramsci

Per 21 delle 67 pagine dedicate ad Antonio Gramsci – con anche una segnalazione del volume appena edito da TESSERE Il giornalismo, il giornalista, curato da Gian Luca Corradi, con prefazione di Luciano Canfora e postfazione di Giorgio Frasca Polara e lo stesso editoriale di apertura tratto da esso a firma del fondatore de “l’Unità” e del Partito comunista italiano – è in edicola il numero di questa settimana di “Left“, periodico inequivocabilmente di sinistra diretto da Matteo Fago e Ilaria Bonaccorsi.

Il brano tratto dal nostro volume per l’editoriale di apertura della rivista – scelto dalla gentilissima Donatella Coccoli, a cui va il ringraziamento di TESSERE – fa parte di un articolo pubblicato da Antonio Gramsci su “Il Grido del popolo” il 26 gennaio 1916 con il titolo Socialismo e cultura, e qui riproposto con il titolo Non c’è rivoluzione senza cultura, che qui riproponiamo:

Non c’è rivoluzione senza critica

ANTONIO GRAMSCI

Bisogna disabituarsi e smettere di concepire la cultura come sapere enciclopedico, in cui l’uomo non è visto se non sotto forma di recipiente da empire e stivare di dati empirici; di fatti bruti e sconnessi che egli poi dovrà casellare nel suo cervello come nelle colonne di un dizionario per poter poi in ogni occasione rispondere ai vari stimoli del mondo esterno. Questa forma di cultura è veramente dannosa specialmente per il proletariato. Serve solo a creare degli spostati, della gente che crede di essere superiore al resto dell’umanità perché ha ammassato nella memoria una certa quantità di dati e di date, che snocciola ad ogni occasione per farne quasi una barriera fra sé e gli altri.

(…) La cultura è una cosa ben diversa. È organizzazione, disciplina del proprio io interiore, è presa di possesso della propria personalità, è conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti e i propri doveri. Ma tutto ciò non può avvenire per evoluzione spontanea, per azioni e reazioni indipendenti dalla propria volontà, come avviene nella natura vegetale e animale in cui ogni singolo si seleziona e specifica i propri organi inconsciamente, per legge fatale delle cose. L’uomo è soprattutto spirito, cioè creazione storica, e non natura. Non si spiegherebbe altrimenti il perché, essendo sempre esistiti sfruttati e sfruttatori, creatori di ricchezza e consumatori egoistici di essa, non si sia ancora realizzato il socialismo. Gli è che solo a grado a grado, a strato a strato, l’umanità ha acquistato coscienza del proprio valore e si è conquistato il diritto di vivere indipendentemente dagli schemi e dai diritti di minoranze storicamente affermatesi prima. E questa coscienza si è formata non sotto il pungolo brutale delle necessità fisiologiche, ma per la riflessione intelligente, prima di alcuni e poi di tutta una classe, sulle ragioni di certi fatti e sui mezzi migliori per convertirli da occasione di vassallaggio in segnacolo di ribellione e di ricostruzione sociale. Ciò vuol dire che ogni rivoluzione è stata preceduta da un intenso lavorio di critica, di penetrazione culturale, di permeazione di idee attraverso aggregati di uomini prima refrattari e solo pensosi di risolvere giorno per giorno, ora per ora, il proprio problema economico e politico per se stessi, senza legami di solidarietà con gli altri che si trovavano nelle stesse condizioni. (…)

Lo stesso fenomeno si ripete oggi per il socialismo. È attraverso la critica della civiltà capitalistica che si è formata o si sta formando la coscienza unitaria del proletariato, e critica vuol dire cultura, e non già evoluzione spontanea e naturalistica. Critica vuol dire appunto quella coscienza dell’io che Novalis dava come fine alla cultura.

Io che si oppone agli altri, che si differenzia e, essendosi creata una meta, giudica i fatti e gli avvenimenti oltre che in sé e per sé anche come valori di propulsione o di repulsione. Conoscere se stessi vuol dire essere se stessi, vuol dire essere padroni di se stessi, distinguersi, uscire fuori dal caos, essere un elemento di ordine, ma del proprio ordine e della propria disciplina ad un ideale. E non si può ottenere ciò se non si conoscono anche gli altri, la loro storia, il susseguirsi degli sforzi che essi hanno fatto per essere ciò che sono, per creare la civiltà che hanno creato e alla quale noi vogliamo sostituire la nostra. Vuol dire avere nozioni di cosa è la natura e le sue leggi per conoscere le leggi che governano lo spirito. E tutto imparare senza perdere di vista lo scopo ultimo che è di meglio conoscere se stessi attraverso gli altri e gli altri attraverso se stessi. Se è vero che la storia universale è una catena degli sforzi che l’uomo ha fatto per liberarsi e dai privilegi e dai pregiudizi e dalle idolatrie, non si capisce perché il proletariato, che un altro anello vuol aggiungere a quella catena, non debba sapere come e perché e da chi sia stato preceduto, e quale giovamento possa trarre da questo sapere.

Socialismo e cultura, in “Il Grido del popolo” il 26 gennaio 1916. Pubblicato nel volume Antonio Gramsci, Il giornalismo, il giornalista, a cura di Gian Luca Corradi (TESSERE, 2017)

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