CRITICA DICONO DI NOI LA CASA EDITRICE LIBRI

L’invito di Primo Levi a tenere gli occhi ben aperti

Con questo articolo, frutto della presentazione che ha fatto della biografia appassionata di Primo Levi Questo è un uomo di Daniele Pugliese all’Ateneo Veneto lunedì 22 gennaio 2018, Francesca Brandes, saggista e curatrice d’arte veneziana che si è spesso occupata di tematiche ebraiche, inizia la sua collaborazione a TESSERE.

Ho di recente avuto la felice occasione di presentare, con Maria Teresa Sega e Alberto Madricardo, presso l’Ateneo Veneto di Venezia, Questo è un uomo. Biografia appassionata di Primo Levi, scritto per la casa editrice TESSERE da Daniele Pugliese ed affermare che si tratta di un saggio interessante e puntuale può apparire persino scontato.

Altrettanto sostenere sia ben scritto, per un autore di lunga penna che ha amore per il quotidiano e per la memoria, e ha cura di fonderli nel divenire, per citare Friedmar Apel, «movimento del linguaggio nel tempo». Quella coscienza che Pugliese possiede, per cui è possibile scrivere, vivere e dire, in quanto lo si ritiene inevitabile, come respirare.

Basterebbe tutto questo a dare un buon giudizio, certo, ma non è sufficiente.

In realtà, per chi abbia avuto direttamente a che fare con la propria identità ebraica, il lavoro di Daniele Pugliese, in questi giorni che ci appaiono oscurati da un velo di dimenticanza e di stupidità ha rappresentato un richiamo forte.

La rivalutazione del corpus dell’opera di Primo Levi che Pugliese pone in atto, in cui la dimensione del testimone non fa ombra ad un magistero alto e rigoroso di scrittore, d’intellettuale, ebbene sì organico (dove ci sta tutto: la professione di chimico, la dimensione affettiva, le opinioni politiche, il suo riconoscersi ebreo, ed ebreo piemontese laico), ha fatto riemergere alla mia coscienza un’intera generazione di studiosi ebrei italiani, in parte assimilati, ma consci – orgogliosamente consci – delle proprie radici, che hanno attraversato il tunnel delle persecuzioni e del faticato dopoguerra con dignità e fantasia.

Pugliese, pensando a quello sguardo limpido, a quegli occhi spalancati sul mondo e sul futuro – gli stessi di mio padre, medico, storico, non praticante che decise di darmi un’educazione anche ebraica, in nome di quanti non ce l’avevano fatta – citando nel suo saggio i celeberrimi versi di Pavese, commenta: «Verrà la morte e li avrà, ma li troverà aperti. E non è detto che non distolga lo guardo per prima».

Sta tutta in quegli occhi aperti, ben aperti, talora – come nel caso di Primo Levi – anche critici nei confronti d’Israele (o meglio dei governi israeliani), la prima chiave interpretativa importante del saggio, che ha il merito di ricondurre ciascuno alle proprie responsabilità, alla necessità di guardare e scegliere. Sempre. Qualche volte ce lo si dimentica, per opportunità o per pigrizia. Salvo poi sussultare di fronte al pensiero del rifiuto, ai rigurgiti razzisti, alla discriminazione.

Ad un’analisi più accurata, di questa bella appassionata biografia, resta innanzitutto un’idea di complessità in evidenza, il distinguere e l’articolare l’esperienza, e cosa farne: l’accettare di esserne costruiti, e decostruiti, per poter ricominciare. L’urgenza etica è nella stessa fragilità del messaggio, suggerisce nella prefazione Massimo Giuliani, nell’importanza di tenerlo in vita.

Le immagini si riferiscono alla torre Contarini del Bovolo di Venezia

L’autore opera con un rispetto per la personalità di Levi, con un pudore amoroso e raro che ci sorprendono, sorvolando sui tratti feroci con leggerezza di abbraccio ed evitando ogni vociare querulo, ogni supposizione. Questo è un uomo, titola Pugliese, e la scelta è felice: tutto questo è un uomo, con gli occhi ben aperti, e tutto questo è splendidamente un uomo, con la meraviglia, ma anche i limiti che tale definizione suggerisce.

Tuttavia, c’è ancora di più. Per chi è passato nel labirinto angosciante della vicenda medio-orientale, per chi l’ha subita lasciandoci più di un pezzo di sé, Pugliese, con il suo libro, offre puro, meraviglioso e vitale, il monito dell’uomo Primo, facendo tornare alla memoria quello stralcio mirabile dal racconto Cromo in Il sistema periodico: «Paradossalmente – racconta Levi – il mio bagaglio di memorie atroci diventava una ricchezza, un seme; mi pareva, scrivendo, di crescere come una pianta».

Quasi ci passasse il testimone e, allo stesso tempo c’invitasse a vivere ancora, e ancora. Con gioia e consapevolezza, facendo buon concime dei nostri passati. Senza cucirsi addosso ruoli o etichette, con dignità.

Forse l’abbiamo sempre saputo, ma l’avevamo nascosto bene. Finché l’anima e la penna di Daniele Pugliese non ce l’hanno riportato alla luce, folgorante. Come un dono.

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