Alla scoperta dei misteri racchiusi nel cuore, Leucemia: la speranza è nella terapia genica, Quelle cellule giovani utilissime in età adulta, L’ipocrisia italiana che frena gli studi sulle malattie neurodegenerative e Parla italiano la medicina rigenerativa sono gli articoli, scritti da studenti universitari delle facoltà medico-scientifiche dell’Università di Firenze, che abbiamo pubblicato in preparazione del convegno Bio.Med.Day: la scienza medica e le sue prospettive future, organizzato dall’Unione degli Universitari – Sinistra Universitaria (Udu) e Udu Medicina, anche in collaborazione con TESSERE, in programma per martedì 6 marzo dalle ore 9 alle 19 al Plesso didattico Morgagni di Firenze, al quale parteciperanno: Elena Cattaneo, direttrice del laboratorio di Biologia delle cellule staminali e Farmacologia delle malattie neurodegenerative dell’Università Statale di Milano; Michele De Luca, direttore del Centro di Medicina rigenerativa dell’Università di Modena e Reggio Emilia e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni; Silvia G. Priori, professore associato presso l’Università degli Studi di Pavia, primario dell’Unità operativa di Cardiologia molecolare presso la Fondazione Maugeri di Pavia e direttrice del Dipartimento di Genetica cardiovascolare alla University School of Medicine di New York; Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Unità operativa di Nefrologia e dialisi e del Dipartimento di Medicina dell’Azienda ospedaliera Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Oggi è la volta di un articolo che illustra cosa il morbo di Parkinson. Questi articoli compariranno anche nel giornale realizzato dagli studenti di Udu Medicina.
Il morbo di Parkinson venne descritto per la prima volta nel 1817 ad opera di James Parkinson, farmacista e medico londinese che scrisse il Trattato sulla paralisi agitante.
Si tratta di una malattia neurodegenerativa con un’evoluzione lenta ma progressiva che colpisce, soprattutto, la funzionalità motoria e l’equilibrio.
Risultano essere coinvolte le aree profonde del cervello conosciute come gangli della base ovvero nucleo caudato, putamen e pallido che partecipano alla corretta esecuzione dei movimenti. La malattia di Parkinson si presenta quando diminuisce drasticamente la produzione di dopamina nel cervello, processo che avviene prevalentemente a causa della degenerazione dei neuroni di un’area denominata Sostanza Nera e infatti l’esordio dei sintomi si ha quando la perdita cellulare è intorno al 60%.
Inoltre, un altro aspetto è la comparsa di accumuli di una proteina chiamata alfa-sinucleina, la quale è forse responsabile della diffusione della malattia in tutto il sistema nervoso.
Non sono state ancora identificate delle cause precise ma sembra ci siano diversi fattori che concorrono al suo sviluppo: fattori genetici e fattori tossici.
Nella prima categoria ritroviamo mutazioni nei seguenti geni: alfa-sinucleina (PARK 1/PARK 4), parkina (PARK-2), PINK1 (PARK-6), DJ-1 (PARK-7), LRRK2 (PARK-8) e la glucocerebrosidasi GBA.
Tra i fattori tossici che aumentano il rischio di malattia troviamo quelli legati all’esposizione lavorativa: pesticidi, idrocarburi-solventi e metalli pesanti.
Si stima che in Italia la malattia colpisca 250.000 persone circa. Essa è presente in tutto il mondo ed ha una lieve prevalenza nel sesso maschile. Il rischio di sviluppare tale malattia aumenta con l’aumentare dell’età.
L’esordio della patologia è in media intorno ai 58-60 anni tuttavia un 5% dei pazienti può presentare un esordio giovanile tra i 20-40 anni. Sopra i 60 anni colpisce 1-2% della popolazione, mentre la percentuale sale al 3-5% sopra gli 85 anni.
I principali sintomi sono ovviamente sintomi correlati al movimento e in particolare ritroviamo tremore a riposo, rigidità, la bradicinesia cioè lentezza dei movimenti automatici e, quando la malattia è in fase avanzata, l’instabilità posturale associata a perdita di equilibrio
Il tremore in genere nella maggior parte dei pazienti si presenta quando la persona è a riposo ed interessa la mano, però può interessare anche i piedi o la mandibola e si evidenzia in modo asimmetrico, su un lato.
La rigidità consiste in un aumento involontario del tono dei muscoli e può manifestarsi agli arti, al collo ed al tronco.
Il termine bradicinesia indica invece un rallentamento dell’esecuzione dei movimenti e dei gesti mentre l’acinesia è una difficoltà nell’iniziare i movimenti spontanei. Bradicinesia e acinesia sono riferite dal paziente come sintomi fastidiosi proprio perché interferiscono gravemente con le attività della vita quotidiana, anche con le più semplici come vestirsi, lavarsi e camminare.
Alla bradicinesia si possono correlare altri sintomi come: alterazioni della scrittura, che diventa più piccola (micrografia), aumento della quantità di saliva in bocca (scialorrea) dovuta ad un rallentamento dei muscoli coinvolti nella deglutizione ed anche una ridotta espressione del volto (ipomimia).
Il disturbo dell’equilibrio tende a presentarsi più tardivamente rispetto agli altri sintomi ed è dovuto ad una riduzione dei riflessi di raddrizzamento e di conseguenza il soggetto non è in grado di correggere spontaneamente eventuali squilibri.
Molti altri sintomi non motori correlano con il morbo di Parkinson e si possono presentare diversi anni prima della comparsa dei sintomi motori. Tra questi possiamo trovare: disturbi urinari, alterazioni della pressione arteriosa, alterazioni del linguaggio, disfunzioni sessuali, problemi cutanei, disturbi dell’olfatto, disturbi del sonno, disturbi dell’umore, depressione, demenza o altri problemi cognitivi.
La diagnosi di malattia di Parkinson viene elaborata dal neurologo dopo aver considerato la storia clinica, i sintomi e i segni neurologici evidenziabili. Per quanto riguarda gli esami strumentali che portano alla diagnosi ci si avvale della risonanza magnetica nucleare ad alto campo, della PET cerebrale ed anche del DATSCAN, un tracciante radioattivo che si lega a strutture presenti sulla superficie delle terminazioni nervose delle cellule deputate al trasporto di dopamina. La scintigrafia del cervello, dopo l’iniezione di DATSCAN per via endovenosa, permette di ottenere una stima della quantità delle terminazioni nervose dopaminergiche presenti. Un valido ausilio diagnostico è dato anche dall’ecografia transcranica parenchimale.
Per quanto riguarda la prognosi, purtroppo non esiste una guarigione vera e propria dal morbo di Parkinson essendo una malattia cronica, progressiva che coinvolge le funzioni motorie, vegetative e cognitive con conseguenze davvero gravi sulla vita del malato. Molti pazienti con l’aggravarsi dei sintomi vengono trattati con levodopa (L-dopa) amminoacido intermedio della via biosintetica della dopamina che contribuisce a ristabilire gli equilibri di dopamina nel cervello.
Una tecnica innovativa e promettente è data invece dalla stimolazione magnetica transcranica (rTMS) sulla corteccia motoria primaria che sembra migliorare notevolmente la funzionalità degli arti superiori a breve termine e le prestazioni nel camminare a breve e lungo termine. Queste novità fanno ben sperare, nella convinzione che per vincere questa ed altre malattie neurologiche non bisogna arrendersi ma continuare a credere nella ricerca e nella medicina del futuro.