La prima uscita ufficiale della parola sfregio pare sia dovuta ad Alfredo Panzini che nel suo Dizionario moderno – Supplemento ai Dizionari italiani (Hoepli 1905) scrisse: «Nel dialetto napoletano indica il colpo di rasoio dato a tradimento sul volto, solitamente a scopo di vendetta amorosa». La parola sfregio dunque è parola del sud. Di chiare origini napoletane.
Nella lessicografia nazionale – quindi non più solo partenopea – si è però addolcita. O se preferite allargata perdendo le sue caratteristiche focose. Richiama a sé termini più generici quali taglio, ferita, cicatrice, graffio e lesione. Ma è un inganno. Questi sinonimi si riferiscono infatti a tutte le parti del corpo umano, mentre sfregio, nella sua accezione più vera, va diritto al volto e solo ad esso. Sfregio è allora l’offesa indimenticabile. Irredimibile. L’offesa – e qui ci sta tutto l’orgoglio napoletano – ingiuriosa che porta a gemellarsi con insolenza e oltraggio. Qualcosa di insanabile da lavare col sangue.
Questa parola dunque richiama a un insulto che non si può curare con un semplice cerotto. Né buttandoci sopra un po’ di disinfettante. È un termine assoluto, qualcosa che brucia, qualcosa che non contempla il perdono. Lo sfregio, in sostanza, ha la caratteristica di rimanere ben esposto alla vista di tutti e questo annulla ogni ipotesi di assoluzione. È un ricordo perenne. Un fatto indelebile con non si accompagnerà mai, negli anni a venire, con ipotesi di clemenza per il torto – o i torti – subiti. Né potrà essere dimenticata.
Diventano allora frasi dense di significato e quindi con un loro portato di onta non riscattabile frasi come “sfregio alla democrazia” o “sfregio alla Costituzione”. Il loro senso è diverso dall’aver subito un colpo, più o meno duro, da un avversario politico. La parola sfregio sta lì, altera e solitaria come un guerriero, a ricordarci che quel certo gesto, quella certa frase, quel certo principio infilato subdolamente nella notte in una importante legge, ha prodotto una ferita dolorosa, Non rimarginabile. Qualcosa che è diventato memoria. Che s’è scolpito nel ceppo marmoreo del ricordo. È allora importante, di questi tempi, riscoprire il significato di certe parole. A chi crede che la democrazia sia qualcosa di dato, naturale e immodificabile, un sistema che si alimenta stancamente di sé stesso e non invece un’organizzazione sociale delicata e fragile da difendere giorno per giorno, vogliamo ricordare che il fascismo, in tutte le forme antiche e moderne con cui si manifesta, è il suo/nostro sfregio.