«Gli uomini che prendono sul serio gli altri mi fanno compassione, quelli che prendono sul serio se stessi mi fanno sganasciare dalle risa».
Aldo Palazzeschi
Molte parole che rischiano di sparire dal nostro vocabolario, e dal nostro parlato quotidiano come sganasciare, hanno ancora un certo fascino antico. Forse proprio perché recano in bella mostra la patina del tempo: «Tutto il vicinato si sganasciava dalle risa, vedendo compare Menico che s’era fatta dare una scala per entrare dal tetto in casa sua, peggio di un ladro» (Giovanni Verga).
L’italiano è una lingua viva. Accoglie parole nuove già diffuse da tempo nel parlato, e così il bacino lessicale cambia continuamente, inavvertitamente. Anche perché, col tempo, qualche parola deve farsi da parte. Esce dall’uso, diventa desueta. Passa di moda: «Lo faremo ridere a crepapelle, da sganasciarsi dalle risate, questo caro Professore!» (Luigi Pirandello).
Sganasciare nel dizionario italiano è un verbo transitivo [io sganàscio, etc.], nell’uomo sono la mascella e la guancia considerate insieme: muovere le ganasce, mangiare a due, a quattro ganasce. Mangiare avidamente, ingordamente.
Slogare le ganasce, le mascelle: sganasciarsi dalle risa: ridere a crepapelle: «E il barone, con quella sfuriata, li piantò tutti lì, che si sganasciavano dalle risa» (Verga). O viceversa sganasciarsi dagli sbadigli, sbadigliare a più non posso dalla noia. Ma anche slogare le ganasce a qualcuno: con un pugno l’ha mezzo sganasciato.
Sganasciare: sarà un termine oggi desueto, e sostituito da altri, ma non perde il suo significato quando parliamo di trarre grande profitto speculando da una situazione facendone grossi guadagni.