Vincere è un film storico del 2009, diretto e sceneggiato da Marco Bellocchio, con la partecipazione di Giovanna Mezzogiorno e Filippo Timi come principali interpreti. È stato l’unico film italiano in concorso al Festival di Cannes del 2009, il più premiato ai David di Donatello 2010, con otto premi su quindici candidature, fra cui quello per il miglior regista. Ma non ha vinto quello per il miglior film, conquistato da L’uomo che verrà.
La parola vincere deriva da latino victoria, nike in greco, con il significato di successo in una gara sportiva, in una contesa politica, in un combattimento.
“Hasta la victoria siempre” (Sempre, fino alla vittoria), nella versione completa “Hasta la victoria siempre. Patria o muerte” è una celebre frase-simbolo in lingua spagnola, poi divenuta uno slogan politico della sinistra rivoluzionaria, attribuita a Ernesto Che Guevara che effettivamente la pronunciò e la usò in alcune occasioni. La prima volta, forse, durante la rivoluzione cubana del 1959. Talvolta è abbreviata anche in Hasta siempre, titolo di una celebre canzone dedicata al Che.
Il vocabolario Treccani definisce vincere come «sopraffare l’avversario in armi, in guerra o in uno scontro qualsiasi, costringendolo a cedere: vincere il nemico in guerra, in battaglia, in duello, ecc.; vincere il nemico con l’assedio, con la fame, con l’astuzia». Significa anche risultare superiore in un concorso, in una gara di abilità, in una competizione sportiva, raggiungere per primo il risultato.
In quanto evento decisivo di un conflitto che ha richiesto un grande impegno, la vittoria è l’esaltazione della forza vitale, il momento in cui si concentra ed esplode il giubilo trionfale. Il vinto, al contrario, non solo può perdere la vita, ma vede certamente indebolita la propria immagine, la propria combattività, la propria indipendenza e libertà. A causa dell’esaltazione emotiva che implica, alla vittoria sono state attribuite qualità divine: e infatti nel mondo antico è stata raffigurata come una dea, alata con in mano una corona o una foglia di palma. Per gli stessi motivi il vincitore è stato ritenuto degno di ricevere, oltre la posta materiale in palio, anche alti onori: inni e poesie, riconoscimenti simbolici, essere portato in trionfo.
Supremo ideale politico del mondo classico, aspirazione costante di chiunque si impegni in un confronto sociale e politico, la vittoria non appaga, ma anzi spinge all’azione. Quindi, oltre che culmine e compimento dell’agire, vincere, la vittoria è anche mezzo e strumento per altre lotte. Ma, benché esaltante, può anche essere incapace di generare ulteriori successi, perché inutile o troppo costosa, che apre la strada all’insuccesso.
L’amara delusione che nasce in questi casi dà vita, ancora oggi, a mitologie politiche di vario tipo, come la “Vittoria di Pirro”, la vittoria mutilata, la vittoria tradita, la vittoria perduta. E può generare astiosi propositi di rivincita.