DAILY IL NUMERO

150
Libri persiani in biblioteca Congresso Usa

La Biblioteca del Congresso americano ha digitalizzato e così resi fruibili al pubblico 150 manoscritti persiani
Photo by Shawn Miller.

150 è il numero di manoscritti persiani digitalizzati e resi fruibili al pubblico dalla Biblioteca del congresso americano. Oltre a questi volumi, sono conservate anche preziose opere interamente miniate e libri risalenti al XIII secolo, che hanno fatto il loro ingresso negli Stati Uniti intorno agli anni Trenta del Novecento, grazie all’intermediazione del mercante d’arte ed esperto di antichità islamiche Kirkor Minassian.

Cinque anni fa, quando la Biblioteca ha deciso di rendere pubbliche le opere persiane, si trattava solo di 40 pezzi tra quelli meglio conservati e meno fragili, oggetto di una mostra allestita all’interno della Biblioteca stessa. Successivamente, anche per preservare le opere che non possono essere esposte per la loro fragilità, è stato deciso di digitalizzarle, con l’obiettivo finale e non meno importante di metterle a disposizione di tutti.

Tra di esse si trova lo Shah Nameh, il racconto dell’epica persiana scritto dal poeta Firdusi intorno all’XI secolo, che parte dalla creazione del mondo e arriva al VII secolo quando il Paese subì la conquista islamica, e la Shah Jahan, scritta trecento anni dopo sotto il dominio della dinastia Moghul. Le opere non sono sole di autori persiani, ma anche turchi, indiani, asiatici, accomunati dalla scrittura in lingua persiana.

Insomma, la migliore risposta a chi vede nell’attuale Iran solo un coacervo di violenza e intolleranza, nella stereotipata visione americanocentrica tipica dell’era di Trump, che ignora la millenaria storia di un popolo e di un Paese nato dall’incontro di tante civiltà e contaminazioni, da cui tanto c’è ancora da imparare.

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