DAILY LA DATA

17 febbraio 2011
Inizia la guerra civile libica

Inizia tra il 17 febbraio 2011 e l’ottobre successivo, la guerra civile libica che tuttora infiamma e preoccupa l’intera area mediterranea. Inizia mettendo a confronto forze lealiste al leader libico Mu’ammar Gheddafi (salito al potere il 1º settembre del 1969 dopo un colpo di Stato contro la monarchia al tempo guidata da un re filoccidentale, re Idris) e quelle dei rivoltosi riunite nel Consiglio nazionale di transizione. Inizia con una rivolta popolare contro il potere sull’onda delle analoghe sollevazioni popolari note come Primavere arabe e in poche settimane degenera in un conflitto civile.

Gheddafi aveva costruito il suo regime basandosi su tre pilastri principali: un’ingente politica di sussidi statali, il massiccio ricorso alla repressione del dissenso e la tacita intesa con le tribù a lui più refrattarie. Ma aveva fatto poco o nulla sul tema della disoccupazione (nel 2011 secondo le stime della Banca Mondiale colpiva il 17,7% dei cittadini), soprattutto di donne e giovani. Il fallimento in seguito anche di progetti di sviluppo e di liberalizzazione – reso più intenso dall’arrivo in massa di immigrati dall’Africa subsahariana- avevano fatto il resto. Ad accentuare gli effetti della sollevazione popolare non va infine trascurata la storica frammentazione del paese costituito da circa 140 tribù spesso ostili all’unità della nazione, nonché le differenze – molto forti – tra la parte tripolitana e del Fezzan (fedeli a Gheddafi) e quella cirenaica che è sempre stata uno storico focolare dell’opposizione al regime

Il primo focolaio delle proteste avviene a Bengasi. Un gruppo di giovani, riuniti per protestare contro l’arresto di un avvocato e attivista dei diritti civili, subiscono una repressione sproporzionata. Ci sono spari, arresti e morti. Nel giro di un paio di giorni la contestazione si allarga in tutto il Paese. Segue una reazione militare del regime che produce altri lutti. La cosa ben presto sfugge di mano. Gheddafi usa l’esercito e truppe mercenarie. Ma le proteste continuano. Interviene la NATO, in particolare la Francia e la Gran Bretagna, con bombardamenti contro le postazioni governative. Il regime vacilla. Si arriva infine al 21 ottobre del 2011 quando cade la città di Sirte (dove si era asserragliato Gheddafi). Sentendosi circondato, il rais cerca di fuggire nel deserto ma il suo convoglio viene attaccato da aerei francesi. Viene catturato dagli inseguitori e ucciso. Anche il figlio Mutassin Gheddafi, che ha guidato militarmente la difesa di Sirte, viene fatto prigioniero e poco dopo giustiziato. Nel corso della stessa giornata trova la morte anche il Ministro della Difesa. A Misurata i tre corpi vengono esposti al pubblico.

Da lì inizia un complesso tentativo di riportare l’ordine perduto. Tentativo che non troverà mai una soluzione sia per gli ingenti interessi delle forze straniere interessate alle ricchezze del Paese, sia per le divisioni tribali, sia perché la Libia, storicamente, non ha mai avuto una tradizione identitaria statale per cui è il tribalismo, con tutti i suoi eserciti e signori della guerra, a farla da padrona. Ma questa è storia di oggi con il conflitto tuttora irrisolvibile tra il generale Haftar e il governo riconosciuto dall’ONU di Al- Sarraj.