Il 21 dicembre 1898 i coniugi Pierre e Marie Curie isolarono il Radio all’interno della pechblenda, un minerale grezzo dal quale avevano in precedenza rimosso l’uranio. La loro scoperta era destinata a rivoluzionare la medicina del Novecento e, unita a quella del Polonio, valse a Marie Curie il premio Nobel per la Chimica nel 1911. In precedenza, nel 1903, i Curie avevano ottenuto il Premio Nobel per la Fisica insieme al fisico Henri Becquerel, per gli studi sulla radioattività.
Da diversi anni, la coppia di scienziati, stava analizzando sistematicamente l’uranio con l’elettrometro messo a punto da Pierre Curie. In questo modo Marie si rese conto che a emettere radiazioni era una proprietà atomica dell’uranio, che chiamò radioattività. Contemporaneamente si accorse che i minerali contenenti nell’uranio erano più radioattivi dell’uranio stesso. «Crediamo che la sostanza che abbiamo tratto dalla pechblenda contenga un metallo non ancora segnalato, vicino al bismuto. Se l’esistenza di questo metallo verrà confermata noi proponiamo di chiamarlo Polonio», annunciarono all’Accademia delle scienze. Tuttavia, la sola presenza del polonio e dell’uranio non spiegava il fenomeno della alta radioattività e ipotizzarono quindi l’esistenza di un altro elemento. Il 28 marzo del 1902 Marie Curie annotò nel suo quaderno «RA = 225,93. Peso atomico di Radio».
La fama e la notorietà acquisita non intaccarono l’etica dei coniugi Curie che intenzionalmente non depositarono il brevetto del processo di isolamento del radio, in modo che la comunità scientifica potesse effettuare liberamente ricerche nel campo della radioattività.
Sarebbero serviti altri quattro anni di lavoro per determinare il peso atomico della nuova sostanza estratta, nella quantità di pochi granelli di sabbia, dalla lavorazione di 10 tonnellate di pechblenda, in un capannone faticosamente ottenuto dai Curie per le loro ricerche.