Parola dal suono sinistro ( dal latino pestilentia) che evoca immagini di lazzaretti e lugubri visioni di monaci incappucciati. Che riporta alla memoria assalti ai forni, roghi, processioni solenni e quant’altro credevamo sepolto tra le nebbie della storia, e che un virus dal nome impronunciabile in questi giorni sta rievocando in tutti noi. Siamo alle soglie di una nuova catastrofica pestilenza? La scienza per ora ci rassicura, e noi scaramanticamente pensiamo che dopotutto il mondo di ora sia ben diverso da quello di allora. Ci servirà allora, per sdrammatizzare il presente, dare uno sguardo al passato, quando davvero la Signora con la falce correva veloce per le strade del mondo conosciuto, mietendo milioni di vittime.
«Nella egregia città di Fiorenza … pervenne la mortifera pestilenza», scriveva Giovanni Boccaccio nel Decameron, a proposito della grande epidemia detta “della Peste Nera” del 1348. Secondo gli storici uccise almeno un terzo della popolazione del nostro continente, portandola probabilmente da 45 milioni a 35 milioni. Importata dal nord della Cina, si diffuse successivamente in Turchia Grecia, Egitto, fino ad arrivare in Italia. Dalla Svizzera si estese in Francia e in Spagna. Nel 1349 raggiunse Inghilterra, Scozia e Irlanda E finalmente, nel 1363, dopo aver infettato tutta l’Europa, i focolai della malattia si ridussero fino a scomparire, anche se non del tutto.
Prima di allora, e molti studiosi sono concordi nel sostenerlo, la prima pandemia della storia è la cosiddetta Peste di Giustiniano che scoppiò nel 541 d.C. Descritta da Procopio di Cesarea sembra che sia stata responsabile della morte di buona parte della popolazione bizantina prima di propagarsi, a ondate, per tutta l’area mediterranea fino al 750 circa, causando dai 50 ai 100 milioni di vittime. Anche il mondo musulmano non fu risparmiato. Si conoscono almeno cinque pestilenze: la peste di Shirawayh (627-628), la peste di Amwas (638-639), la peste violenta (688-689), la peste delle vergini (706) e la peste dei notabili (716-717).
Nei decenni successivi, fino al 1348, la peste ricomparve nelle maggiori città europee a intervalli di circa 6-12 anni affliggendo, in particolare, i giovani e le fasce più povere della popolazione. Dal 1480 la frequenza del morbo diminuì gradualmente, con episodi epidemici ogni 15-20 anni circa. In quegli anni, fu proprio Milano una delle prime città a istituire, nel 1450, un ufficio di sanità permanente e aprire il primo lazzaretto nel 1488. Nonostante le nuove misure sanitarie, il morbo continuò a ripresentarsi e a mietere vittime. Un classico esempio, la pestilenza del 1630 raccontata da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. E la Grande Peste di Londra (1665 – 1666) che ispirò Daniel Defoe, e che causò un numero imprecisato di vittime, forse 75mila o addirittura 100mila, cioè più di un quinto dell’intera popolazione della città.
Uno dei casi più celebri di pestilenza dei tempi moderni è la“Spagnola”. Una forma influenzale maligna il cui primo caso fu registrato appunto in Spagna, a Zamora nel 1916, e il cui ceppo virale H1N1 fu identificato per la prima volta negli Stati Uniti, nel 1918. Si calcola approssimativamente che il virus abbia contagiato circa 500 milioni di persone e ucciso almeno 25 milioni. Ci sono anche stime che parlano di un impatto ancora più pesante con un numero di morti che si aggirerebbe tra i 50 e i 100 milioni. Ricordata ancora oggi come “la madre di tutte le pandemie”, si sviluppò in concomitanza con la prima guerra mondiale facendo vacillare psicologicamente anche la parte più “moderna” del mondo. Il conflitto e il diffondersi fulmineo della malattia su larga scala avevano favorito anche in Occidente, la diffusione di credenze irrazionali degne del più oscuro medioevo. Tanto che nella stessa Zamora, il vescovo locale, sfidò il divieto delle autorità sanitarie ordinando alla gente di radunarsi in preghiera nelle chiese per placare «la legittima rabbia di Dio».