In questi giorni tristi e confusi in cui pieni di apprensione consultiamo comunicazioni ufficiali del ministero della Salute e pareri di infettivologhi sul Covid-19, l’insidioso virus partito dalla Cina che sta allargando il suo contagio nel mondo, minando la salute e l’economia, non può che farci sorridere il virus informatico Michelangelo che iniziò a sferrare il suo attacco ai computer il 6 marzo 1992.
Anche Michelangelo era frutto di una mutazione, nasceva infatti come variante di un altro virus informatico, Stoned, che infettava il settore di boot dei floppy disk, solo i più anzianotti, ormai, si ricorderanno cos’erano e come funzionavano!
Michelangelo però, come tutti i virus informatici, non era il risultato di mutazioni casuali, bensì volutamente ideato da qualcuno per infettare i computer, cancellando il sistema operativo e i dati contenuti nelle loro memorie. Il nome derivava dal fatto che doveva rimanere latente e entrare in funzione ogni anno il 6 marzo, data di nascita, nel 1475, del grande artista Michelangelo Buonarroti.
Il virus fu scoperto nel 1991 e subito iniziò la preparazione di programmi per identificarlo e renderlo inoffensivo. Divenne famoso nel gennaio del 1992, allorché si scoprì che alcune aziende, leader nella fabbricazione di computer e software, avevano messo per errore in commercio prodotti infettati dal virus. L’allarme e il panico si diffusero rapidamente: oltre sessanta milioni di computer “Ibm compatibili” avrebbero potuto essere contagiati. Fortunatamente non fu così, i casi di perdita di dati imputabili a Michelangelo furono all’incirca compresi fra 10.000 e 20.000 e dal 1997 non si sono più registrati casi di infezione. Circa l’origine del virus, non è stato appurato nulla di preciso, né sull’autore né sul luogo, ma alcuni esperti ritengono possibile che fosse “nato” a Taiwan.