IL PERSONAGGIO

Il gioco con la vita della signora America

Doveva essere semplicemente “La data” del 18 agosto, un giorno del passato come tanti altri, quello del 2009 quando è morta. Ma scrivendola il personaggio è emerso con una tale forza che ha reclamato di essere inserito nella rubrica più appropriata, “Il personaggio”, appunto. Perché lei descrive più di un’epoca. Descrive qualcosa che ci ha portato qui dove siamo. O forse, anzi, dove purtroppo non siamo: Fernanda Pivano.

 

Fernanda Pivano con Ettore Sottsass

Il suo supplente di italiano al Liceo classico “Massimo D’Azeglio” di Torino è stato Cesare Pavese, era compagna di banco di Primo Levi, non fu ammessa alla maturità per i contenuti poco idonei allo spirito dell’epoca (alla fine degli anni ’20, in pieno Regime fascista).

Se il buongiorno si vede dal mattino, quello di Fernanda Pivano è stato un inizio con il botto. Si può affermare che da lì parta la sua lunghissima e prolifica carriera di traduttrice, giornalista, scrittrice, critico musicale, saggista, interrotta solo con la morte, avvenuta a Milano il 18 agosto del 2009, quando aveva 92 anni.

Nanda, come la chiamavano affettuosamente gli amici, è stata una delle intellettuali più importanti del secolo scorso. A lei va il merito di aver tradotto e fatto conoscere, nel nostro Paese, le opere della letteratura americana contemporanea, a partire dagli sconosciuti – per l’epoca – Edgar Lee Master dell’Antologia di Spoon River, Ernest Hemingway di Addio alle armi, Walt Whitman di Foglie d’Erba, l’autobiografia di Sherwood Andreson.

Era il 1938, Hemingway era troppo pacifista per i canoni del Fascismo, nell’Italia ormai sull’orlo del baratro insieme al resto dell’Europa. Le epigrafi e i personaggi di Spoon River, nove dei quali magistralmente messi in musica da Fabrizio De Andrè nell’album Non al denaro non all’amore né al cielo, lanciavano troppi messaggi di amore, fratellanza, di pace, contro il capitalismo e ogni forma di convenzionalismo. Tant’è che l’Antologia era proibita in Italia e osteggiata dal Regime.

Eppure quei quattro libri che Pavese regalò a Nanda, nel 1938, e che lei tradusse di nascosto, aprirono a lei – e a generazioni di lettori – un intero e nuovo mondo di idee e parole. Dalla metà degli anni ’40, la Pivano “importò” in Italia William Faulkner, Francis Scott Fitzgerald, i principali nomi della Beat Generation, Burroughs, Keruac, Ginsberg, Corso e Ferlinghetti, poi Henry Miller, Charles Bukowski. Uno studio costante e continuo che negli anni successivi si concentrò su giovani e talentuosi autori americani, come Erica Jong, Jay Mclnerney, Bret Easton Ellis, Don De Lillo.

Come lei, solo un’altra grande intellettuale e traduttrice di romanzi americani, meno famosa, ma ugualmente importante: Letizia Ciotti Miller, al cui nome sono legate le edizioni italiane dei romanzi di Saul Bellow, Philip Roth, lo stesso Edgar Lee Master e Henry Miller, per citarne alcuni.

Fernanda Pivano ha indubbiamente contribuito a cambiare la nostra mentalità e a rendere l’Italia più moderna, grazie alle sue “iniezioni” di novità e di conoscenza, lei che era cresciuta durante il Fascismo, che lo aveva combattuto e che aveva avuto una parte consistente, sin dagli anni 50, nella lotta per l’emancipazione della donna, affermando la sua figura di intellettuale libera e moderna.

Adele Faccio
Camilla Cederna

Come molte altre donne della stessa generazione a cui oggi dobbiamo importanti conquiste e battaglie per i diritti civili, una visione più libera e laica del mondo, un approccio diverso alle differenze di genere: Adele Faccio, femminista, attivista radicale, che ha pagato con la libertà il diritto della donna di interrompere una gravidanza (fu arrestata nel 1975 per aver abortito volontariamente) e a cui è fortemente legata la legge sull’aborto; le giornaliste Rossana Rossanda e Camilla Cederna, diverse nello stile e nell’impostazione, ma ugualmente pronte a combattere per amore della verità e della notizia, per affermare la propria capacità e la propria indipendenza in una professione quasi esclusivamente al maschile.

Elena Gianini Belotti
Rossana Rossanda

O ancora la scrittrice Elena Gianini Belotti, che con i suoi libri e le suo ricerche ha cambiato il modo di vedere le differenze caratteriali tra maschi e femmine, imputando le differenze non alla biologia, ma all’educazione e ai condizionamenti culturali. Solo per citarne alcune.

L’eredità culturale di Fernanda Pivano è anche un autentico patrimonio di sapere, da lei stessa reso pubblico con la biblioteca intitolata a lei e al padre Riccardo. Un patrimonio che è parte integrante della cultura italiana del ‘900: traduzioni, interviste – celebre quella a De André, che si racconta sia stata fatta nascondendo il registratore sotto il letto durante una chiacchierata, tanto il cantautore era contrario – articoli, libri. E un metodo di lavoro che ha fatto la differenza: Fernanda Pivano studiava i fenomeni sociali su cui si inserivano i filoni culturali e letterari, era animata dalla passione per la letteratura, dalla curiosità con la quale umilmente si disponeva ad imparare dal suo interlocutore e basava il proprio operato sulla conoscenza diretta degli scrittori che si apprestava a tradurre, molti dei quali diventarono intimi amici.

Fu a Nanda che il tormentato premio Nobel per la letteratura del 1954, telefonò pochi giorni prima del suicidio, come racconta lei stessa: «Ernest Hemingway, pochi giorni prima di spararsi in bocca, mi aveva chiamata e mi aveva detto: non posso più bere, non posso più mangiare, non posso più andare a caccia, non posso più fare l’amore. Non posso più scrivere».

Attenta osservatrice dei cambiamenti, affermata tra gli esponenti di spicco della letteratura e dell’editoria italiana, ha pubblicato numerosi libri e saggi, tra cui nel 2002 il libro autobiografico Un po’ di emozioni, seguito da Diari (1917-1973) e Diari/2 (1974-2009) in cui racconta e si racconta, da Genova a Torino, all’America. In mezzo la lotta partigiana, l’arresto per la traduzione di Addio alle armi, gli amori, le amicizie, la storia di una vita sopra le righe, fino alla morte.

L’orazione funebre, del resto, anche per lei come dieci anni prima per l’amico Faber, fu affidata a don Andrea Gallo, nella stessa chiesa, la basilica di Carignano. Lei, la signora America, che, come il suonatore Jones di Spoon River, «giocò con la vita per tutti i suoi novant’anni».

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