LA FRASE

L’unica cosa da fare

ELIAS CANETTI

Non serve a niente, possiamo cantarci dei cori, ammirare i cannibali, possiamo arrampicarci su un albero genealogico di duecento anni, possiamo impedire a un pazzo di andare sulla luna, andar pellegrini in Palestina in crociate innocenti con addosso il cilicio, ascoltare Buddha, rabbonire Maometto, credere a Cristo, sorvegliare un bocciolo, dare dietro al sole appena si sdoppia, addestrare i cani a miagolare, i gatti ad abbaiare, restituire a un centenario tutti i denti, raccogliere foreste, annaffiare calvizie, castrare vacche, mungere buoi, si può, se tutto questo è troppo facile (si riesce così in fretta a venire a capo di tutto), imparare la lingua dei neanderthaliani, mozzare le braccia a shiva, vuotare i Veda antiquati dalle teste di Brahma, vestire i Vedda nudi, ostacolare il coro degli angeli nei cieli di Dio, spronare Lao Tzu, sobillare Confucio al parricidio, far cadere di mano a Socrate la coppa della cicuta, togliergli dalla bocca l’immortalità, lo possiamo fare, – ma non serve a niente, non serve a niente; non c’è altra azione, altro pensiero al di fuori di questo: quando si sarà finito di uccidere?

da “Appunti” Tratto dal libro La provincia dell’uomo, Tascabili Bompiani, Milano, 1989

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