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“L’Unità” di Gramsci, e quella di oggi: ne parla Macaluso

di  Paola Sacchi 

Chi c’era e cosa si è detto ieri a Montecitorio, nella sala della Biblioteca a S. Macuto, alla presentazione del libro “Antonio Gramsci. Il giornalismo, il giornalista” (Tessere editore) a cura di Gian Luca Corradi.

Se si pensa che Antonio Gramsci quando fu arrestato rivendicò con orgoglio di essere un giornalista, presentandosi in carcere come tale («Sono Gramsci, un pubblicista…») e se si pensa al fatto che negli anni di prigionia si pose addirittura il problema delle scuole di giornalismo, impossibile non considerare oggi la sua lezione, con al centro l’attenzione per il lettore, «lontana e vicina». Così la giudica Giorgio Frasca Polara nella sua postfazione del libro Antonio Gramsci. Il giornalismo, il giornalista (Tessere editore) a cura di Gian Luca Corradi, con l’introduzione di Luciano Canfora.

Il volume è stato presentato ieri  a Roma, a Montecitorio, nella sala della Biblioteca a S. Macuto, in un dibattito moderato dal presidente dell’Associazione stampa parlamentare Sergio Amici, con la presenza, insieme con gli autori, di Emanuele Macaluso, Paolo Franchi, Francesco Giasi, direttore della Fondazione Gramsci e la ricercatrice Maria Luisa Righi.

Gramsci, il fondatore dell’Unità,  si è rivelato così vicino da non sottrarre l’ex direttore del giornale (quello ancora da un milione di copie) Macaluso a una amara e dura conclusione sulle sorti del quotidiano oggi, attanagliato da una grave crisi, che ne ha sospeso l’uscita nelle edicole. Macaluso dopo aver ribadito la secca conclusione già consegnata su Facebook alla sua nota giornaliera “Emma in corsivo” secondo la quale «l’Unità è morta nel 1991, con la fine del suo partito di riferimento: il Pci», ha rincarato la dose. E lo ha fatto così: «È un abuso continuare a fare l’Unità con il nome di Gramsci».

Macaluso ha messo il dito nella piaga: «Non si può continuare a affidare il quotidiano a imprenditori (i Pessina) che si rimpallano le responsabilità con il Pd e soprattutto non si può fare un giornale che non ha di fatto più un partito di riferimento, perché per me il Pd non è un partito ma un agglomerato politico-elettorale».

Parole durissime che vengono poco dopo quelle consegnate da un altro, molto più recente direttore, Sergio Staino che in una intervista a “La Verità” di Maurizio Belpietro domenica 18 giugno ha duramente attaccato il segretario del Pd Matteo Renzi, definendolo “un bugiardo” perché sull’Unità, secondo “Bobo” (il suo nome d’arte da vignettista) gli avrebbe fatto promesse sulla tenuta economica «poi non mantenute».

Gramsci  si trova suo malgrado al centro di una querelle, quella sul quotidiano da lui fondato, che lacera e divide la sinistra, che vede i redattori di quel giornale nella morsa di una crisi di cui non si vedono al momento vie d’uscita. Eppure, proprio il giornale fondato da Gramsci, come ricorda Macaluso, fu una scuola di giornalismo. Attento come è stato alla lezione di Gramsci che «faceva una distinzione netta tra giornalismo e politica», precisa Corradi nel volume. Che aggiunge:  l’Unità è stato «un giornale che pur dichiarandosi a lungo apertamente  organo ufficiale di una formazione politica, manterrà quasi sempre ampi margini di autonomia tanto nel lavoro dei propri redattori, quanto nel vasto apporto di collaboratori esterni».

Insomma, è stato il giornale di partito, che, secondo la volontà di Palmiro Togliatti, decise di pubblicare i numeri del  lotto e, ricorda Macaluso, «dava tantissimo spazio allo sport e la sua terza pagina era fondamentale per la cultura italiana: non c’è stato scrittore che non sia stato autore dell’Unità».

E cioè il giornale che per Togliatti doveva essere «il Corriere della sera dei lavoratori». Le lezioni di comunicazione di Gramsci, che da ragazzo iniziò come giornalista di teatro, di cronaca, vennero riprese da “il Migliore” il quale, ricorda sempre Macaluso, «mi confidò: io non capisco un dirigente politico che non sappia scrivere un articolo, che non sappia comunicare…».

Gramsci pensava di rendere le riunioni di redazione delle vere scuole di giornalismo. E Franchi, editorialista del “Corriere della sera”, ex giornalista del settimanale “Rinascita”, diretto da Alfredo Reichlin, ricorda di aver appreso, infatti, «più cose durante quelle riunioni che nel resto dell’attività giornalistica».

La lezione di giornalismo del fondatore de “l’Unità” Gramsci continua ad essere viva, tema di libri e di dibattiti. “L’Unità invece per ora non è più in edicola. Gramsci è “vivo”, il “suo” giornale è morto? Comunque sia, Macaluso avverte: «Non fatelo più con il suo nome».

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