CRITICA MOSTRE

Da Michelangelo al Giambologna: il Cinquecento a Firenze in mostra

È aperta fino al 21 gennaio 2018 a Palazzo Strozzi la mostra Il Cinquecento a FirenzeLa rassegna mette in primo piano la produzione dei più celebrati maestri del tempo, attivi alla corte dei Medici, ponendo in confronto artisti che operano tra “maniera moderna” e Controriforma, sacro e profano. I 70 capolavori, selezionati tra dipinti e sculture, testimoniano ai massimi livelli l’effervescenza culturale del tempo.

Lungo le sale di Palazzo Strozzi si trovano a dialogare, in un percorso cronologico e tematico allo stesso tempo, opere sacre e profane dei grandi maestri del secolo come Michelangelo, Pontormo e Rosso Fiorentino, ma anche di pittori quali Giorgio Vasari, Jacopo Zucchi, Giovanni Stradano, Girolamo Macchietti, Mirabello Cavalori e Santi di Tito e scultori come Giambologna, Bartolomeo Ammannati e Vincenzo Danti, solo per nominare alcuni di coloro che furono coinvolti nelle imprese dello Studiolo, della Tribuna e nella decorazione delle chiese fiorentine. Artisti capaci di giocare su più registri espressivi – dall’ispirazione religiosa alle passioni comuni – mediando la propria formazione, avvenuta sui grandi maestri d’inizio secolo, con le istanze di un mondo che affrontava un complesso cambiamento verso l’età di Galileo Galilei, aperta a una nuova visione sia della natura sia dell’espressione artistica di respiro europeo.

La mostra apre quindi nuovi orizzonti su un’epoca di grandissima proliferazione artistica, evocando nelle prime due sale artisti che furono modelli di riferimento imprescindibili non solo per gli allievi diretti. Il visitatore può assistere a confronti mai visti tra opere – come quello imperdibile tra la Deposizione di Santa Felicita di Pontormo, la Deposizione dalla croce di Volterra di Rosso Fiorentino, il Cristo deposto di Bronzino proveniente da Besançon – e riscoprire, tra gli altri, capolavori come la celebre Pietà di Luco di Andrea del Sarto e il Dio fluviale di Michelangelo. Importante la rete di collaborazioni creata sia con musei e istituzioni del territorio che a livello internazionale, e l’importante campagna di restauri che ha trovato nell’esposizione pieno compimento.

Diciassette sono state le opere sottoposte a intervento, rendendo quindi la mostra una straordinaria occasione per la valorizzazione del patrimonio artistico del territorio. Fondamentale è stato il ruolo di Friends of Florence che ha permesso il restauro di sei opere, a cominciare dalla Deposizione del Pontormo, insieme alla cappella Capponi in Santa Felicita, per cui l’opera fu dipinta, per proseguire con straordinarie pale come l’Immacolata Concezione del Bronzino, Cristo e l’adultera e la Visione san Fiacre di Alessandro Allori, e le sculture del Dio fluviale di Michelangelo e del Crocifisso del Giambologna.

Le prime due sale intendono idealmente riassumere quanto è stato presentato nelle due mostre precedenti, ricorrendo però a opere straordinarie che in esse non erano state esposte, al contempo offrendo un panorama delle arti fiorentine fino alla prima edizione delle Vite di Giorgio Vasari, stampata nel 1550.

Nella prima sala vengono accostati capolavori degli anni Venti del Cinquecento creati da artisti che furono i maestri indiscussi di quelli operosi nella seconda metà del secolo: Michelangelo con la scultura del Dio fluviale (1526-1527 circa) e Andrea del Sarto con la celebre Pietà di Luco (1523-1524). Nella seconda sala verranno invece uniti artisti quali Pontormo, Rosso Fiorentino e Bronzino attraverso lo straordinario confronto tra la Deposizione di Santa Felicita (1525-1528), la Deposizione dalla croce di Volterra (1521) e il Cristo deposto di Besançon (1543-1545 circa), oltre a grandi opere di Cellini, Salviati e Vasari. Dunque la nascita, fra il 1530 e il 1550, di quei linguaggi che verranno poi fatti propri dagli artisti di Francesco I e Ferdinando I de’ Medici.

Il percorso si muove poi per confronti: prima una sezione dedicata a temi sacri con gli artisti che lavorarono ai nuovi altari riformati nelle chiese fiorentine, poi quella sui temi profani spesso legati alla personalità di Francesco I. In entrambe le sezioni troviamo i medesimi artefici tra cui Giorgio Vasari, Mirabello Cavalori, Girolamo Macchietti, Santi di Tito, Jacopo Coppi, Maso da San Friano, Giovan Battista Naldini, Giambologna.

Nella parte centrale, a cerniera fra sacro e profano, due sale sono dedicate agli artisti – di cui si potrà apprezzare anche l’attività di ritrattisti, come nel grande Ritratto di Francesco I di Alessandro Allori, del 1570-1575, dal Museo Mayer van den Bergh di Anversa – e ai generi che si ritrovano nello Studiolo di Francesco I. Tra le opere sacre si ricordano la Crocifissione della Chiesa di Santa Maria del Carmine di Vasari (1560- 1563), l’Immacolata Concezione del Bronzino in deposito alla Chiesa della Madonna della Pace (1570- 1572), la Resurrezione della Basilica di Santa Croce di Santi di Tito (1574 circa), Cristo e l’adultera di Alessandro Allori (1577) della Basilica di Santo Spirito, mentre tra le opere profane le sei lunette, qui riunite per la prima volta, che costituiscono uno dei rari cicli pittorici di soggetto profano e allegorico eseguiti da alcuni dei pittori coinvolti nello Studiolo di Francesco I a Palazzo Vecchio.

Inoltre il Mercurio del Kunsthistorisches Museum di Vienna di Giambologna (1564-1565 circa) e Michelangelo, Soderini e il sultano della National Gallery di Londra di Mirabello Cavalori (post 1564). Nelle ultime due sale saranno raccolti marmi e tavole d’altare di grande tenore qualitativo: opere eseguite proprio allo scadere del Cinquecento o addirittura già sul primissimo avvio del Seicento, come la Visione di san Tommaso d’Aquino della Chiesa di San Marco a Firenze di Santi di Tito (1593); I miracoli di san Fiacre di Alessandro Allori da Santo Spirito (1596) e l’altorilievo di Pietro Bernini San Martino divide il mantello col povero (1598 circa, Napoli, Museo di San Martino). E sarà facile cogliere in esse i segni della poesia alta che informa la cultura figurativa a Firenze ben oltre quei tempi d’inizio secolo in cui solitamente si vuole confinare il primato artistico della città.

Nell’aprile del 1940 la Mostra del Cinquecento Toscano inaugurò Palazzo Strozzi come spazio espositivo e nel 1980, nelle sale dello stesso palazzo, Il primato del disegno fece comprendere la varietà, complessità e qualità dell’arte fiorentina del sedicesimo secolo; sulla seconda metà insiste oggi Il Cinquecento a Firenze ultimo atto di una trilogia a cura di chi scrive, iniziata con Bronzino nel 2010 e proseguita con Pontormo e Rosso Fiorentino nel 2014. La rassegna attuale celebra un’epoca eccezionale per virtù culturali e per estro intellettuale, all’interno della quale, fra le molte vie possibili, è stata scelta quella del confronto fra le istanze della vasariana ‘maniera moderna’ e quelle della controriforma. Una stagione unica, segnata da un lato dagli esiti del concilio di Trento e dall’altro dalla figura di Francesco I de’ Medici, uno dei più geniali rappresentanti del mecenatismo di corte in Europa, aperto al mito e alle scienze, qui ricordato a cinquant’anni dalla pubblicazione del fondamentale Principe dello Studiolo di Luciano Berti. Diciassette impegnativi interventi di restauro eseguiti in occasione della mostra, hanno permesso di restituire leggibilità a opere fondamentali, spesso in condizioni precarie per complessi problemi di conservazione. Dopo l’esposizione sarà riconsegnato al godimento pubblico un patrimonio di qualità straordinaria, per lo più finora ingiustamente negletto.

Il Cinquecento a Firenze “maniera moderna” e controriforma. Tra Michelangelo, Pontormo e Giambologna

Palazzo Strozzi

21 settembre 2017-21 gennaio 2018

Mostra curata da Carlo Falciani e Antonio Natali

Tutti i giorni 10-20, Giovedì 10-23. Dalle ore 9 solo su prenotazione. Accesso in mostra consentito fino a un’ora prima dell’orario di chiusura

Informazioni: T. +39 055 2645155

www.palazzostrozzi.org

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