DAILY LA PAROLA

Ostracismo

Nell'Antica Grecia, l'óstrakon era un coccio di terracotta su cui veniva scritto il nome di un cittadino da allontanare perché ritenuto pericoloso. Da qui la parola "ostracismo", oggi estesa a significati più ampi

Dal greco óstrakon, conchiglia, poi esteso a significare coccio di terracotta, l’ostracismo era un bando che colpiva, nell’antica Atene e nelle città che ne imitavano la costituzione, il cittadino ritenuto pericoloso per la sicurezza dello stato. Il sostantivo derivava, quindi, dal frammento di terracotta (óstrakon) sul quale coloro che votavano nell’assemblea popolare scrivevano il nome della persona da allontanare. Le pergamene, infatti, ancora non esistevano, tantomeno la carta, e l’unico supporto su cui poter scrivere era il papiro. Poiché importarlo dall’Egitto era assai costoso, lo stratagemma dei cocci rotti rappresentava una valida alternativa a costo zero.

Questo tipo di votazione non veniva effettuata solamente in caso di reale pericolo per lo Stato e non comportava alcuna accusa penale: era veramente un voto politico arbitrario, che costringeva il malcapitato che aveva raggiunto un certo numero di voti ad andarsene dall’Attica per dieci anni. Non venivano, tuttavia, confiscati e suoi beni e l’ostracismo non coinvolgeva la famiglia che poteva rimanere in patria.

Oggi il termine mantiene il suo significato di esilio, ampliandone tuttavia il senso; infatti, nelle dinamiche sociali, rappresenta la deliberata volontà da parte di un gruppo di escludere un individuo. Questo non accade a seguito di votazione ma per volontà di un insieme di persone. Quindi ad essere ostracizzato è il ragazzino allontanato dal gruppo perché diverso dagli altri o chi non rispetta le regole o le dinamiche di un determinato gruppo.

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