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Paradigmi vitali in un vocabolario di latino

Può restare nella libreria per anni senza essere spostato. Ma una volta tolto dallo scaffale e appoggiato sul tavolo, mentre la mano scorre sul bordo superiore fino a rallentare sull’angolo, polso, dita e falangi ritrovano la vecchia coordinazione. In una sorta di automatismo pacato, la memoria del corpo sfoglia le pagine e uno squarcio istantaneo riporta alla mente tutto ciò che abbiamo imparato…

Metodo. Senza un metodo, versioni e vocabolario sono un annaspare insensato… o una noiosa perdita di tempo. Metodo e metodicità si acquisiscono gradualmente, crescono con la profondità del pensiero e al contempo lo strutturano. In un certo senso costituiscono l’essenza stessa della nostra persona.

Ascolto, nel senso più profondo del termine. Senza fretta, senza la presunzione di aver già capito. Ascoltare, nonostante i secoli, la voce dello scrittore, cercare di sentire il fluire del suo pensiero.

Pazienza, quando non si capisce e, con metodicità, riascoltare di nuovo.

Curiosità per la frase successiva, per gli sviluppi. Ognuno ha il suo modo di esprimersi e raccontare. Ognuno ha le sue sfumature, il suo modo di attribuire la gravitas alle parole. Qualcuno ha scritto che i poeti vanno dalla vita al linguaggio e i traduttori passano dal linguaggio per arrivare alla vita. Curiosità, per la vita vista con gli occhi di un altro.

Soppesare, con pazienza e curiosità, ciascuna singola parola, ciascun sinonimo, chiedendoci se stiamo davvero trovando la combinazione giusta, che esprime a pieno la vita vista con gli occhi dell’altro, che contenga il cuore della frase e le sue sottili sfaccettature.

Attenzione ai dettagli, che spesso ci aiutano ad immergerci nella comprensione. Una guida complice e silenziosa.

Supporto. Il vocabolario di latino è sempre il miglior alleato. Anche quando la pazienza scappa, quando la resa sembra prossima perché il pezzo è ostico, con buona probabilità, se mettiamo insieme metodo, attenzione e pazienza, in quel “mattone” dalle millemila pagine c’è la risposta. Quei caratteri scritti così piccoli sono i nostri alleati nel mare magnum della (in)comprensione.

Ricerca. Quando si pensa alle versioni da tradurre, la prima cosa che viene in mente è ‘cercare le parole nel vocabolario’, che si traduce concretamente nella ricerca della prima lettera della parola, poi della seconda lettera…, in breve, è la ricerca della lettera dopo la lettera. Potrebbe sembrare ripetitivo, stancante, un percorso frammentato. Ma l’alfabeto è una delle prime melodie che abbiamo imparato a riprodurre e, mentre la melodia dell’alfabeto risuona nelle orecchie, una parte di cervello si lascia guidare dalla memoria del corpo che, basandosi su un’organizzazione spaziale ormai introiettata, effettua la ricerca. L’altra parte di cervello, libera dal compito esecutivo, lavora febbrilmente, sotto l’impeto dell’ispirazione, alla comprensione. Un dito che scorre silenzioso sulle pagine ricorda alla mente ‘fantasiosa’ di restare ancorata alla solidità rappresentata dalle parole da tradurre. Un processo fatto di similitudini e contrapposizioni, che si svolge contemporaneamente su più dimensioni, fisico e mentale, per dividersi ancora all’interno del mentale. Una dialettica raffinata tra titani.

Fiducia. Nel nostro metodo, nel nostro alleato, nelle nostre capacità di immersione e comprensione. In noi stessi.

Cura. Cura della bellezza racchiusa in ogni parola, dell’arte del comprendere e del tradurre, della pazienza.

Sfida, con noi stessi. Una versione, di qualunque argomento tratti, è innanzitutto un’occasione per crescere.

… È incredibile quanto una lingua “morta” possa insegnarci a vivere la vita di ogni giorno…

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