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L’Imperatore su Medievaleggiando

L’imperatore nel suo labirinto. Un saggio di Marco Brando

Oggi ho il piacere di presentare il saggio-inchiesta di Marco Brando, giornalista d’origine genovese con una forte passione per la storia e i suoi revival contemporanei. A partire dagli anni ‘80 ha collaborato con numerose testate giornalistiche come L’Unitàquando poi, nel 2000, è approdato a Bari lavorando per il Corriere del Mezzogiorno. Ad un convegno sull’identità pugliese tenutosi a Foggia conobbe il Professor Raffaele Licinio; tra i due iniziò una proficua collaborazione e amicizia, che portò il nostro autore a pubblicare ben due saggi sul mito di Federico II di Svevia: Lo strano caso di Federico II di Svevia e il qui recensito L’Imperatore nel suo labirinto.

Partiamo dal titolo del saggio: L’imperatore nel suo labirinto. In questa maniera, l’autore vuole delineare fin da subito quale sarà il percorso del saggio: un labirinto! Questo termine viene qui utilizzato per definire un fenomeno assai complesso ed intricato, come quello storico, che si confonde con il mito, il quale diventa per la cultura popolare storia vera. Come molti miti che divergono da unadata realtà, viene utilizzato per creare identità. Questo mito potrà avere un futuro roseo, quindi attecchire nella socieche dovrebbe rappresentare, o essere debole, quindi “fallire”.

Il saggio esplora il fenomeno in diverse zone geografiche e i piani di lettura affrontati sono innumerevoli. Marco Brando parte dal contesto pugliese, dove viene ricostruito il forte attaccamento allo Svevo da parte della cultura popolare, chiamata dal nostro autore “federicomania”; lo sguardo poi, viene spostato al Nord Italia dove, dopo più di venti anni di propaganda leghista, vige il mito della libera Padania, che disdegna lo Svevo. Infine viene fatta una ricostruzione della realtà tedesca, dove lo Svevo ha avuto un forte riconoscimento, sopratutto in epoca nazista. Alla fine del saggio lo studioso trae le sue conclusioni ma non prima di averci dato un assaggio del Federico II esoterico. Svogliamo ora il lungo filo di Arianna che ci aiuterà ad uscire indenni da questa intricata vicenda, dal labirinto di Federico II di Svevia.

L’autore comincia ad esplorare la diffusione della “federicomania” compiendo un’operazione semplice ed empirica: controllare glielenchi telefonici delle province pugliesi. Il risultato è stato formidabile: il nome dello Svevo o della sua famiglia è usato per molte attività commerciali, dai centri estetici alle pizzerie, dalle agenzie di viaggio ad una banca federiciana, per non parlare della SveviaPol, un’agenzia di vigilantes privata. Ovviamente non potevano mancare riferimenti nel nutrito settore gastronomico pugliese, con menzioni tra i produttori di birra e di vino, o in quello culturale. Allo Svevo viene attribuita anche la paternità di numerosissimi castelli della regione, tra i quali ne figurano alcuni costruiti addirittura dopo la sua morte.

La “federicomania” è stata ben espressa dall’esperienza del Maestro Riccardo Muti: originario di Molfetta (Br), all’età di sette anni rimase colpito dalla maestosità di Castel del Monte; nel 2001 dopo un viaggio ad Istanbul sostenne che lui, pugliese DOC, era un promotore dell’unione e della fraternità fra cristiani, musulmani ed ebrei, così come fece Federico II. Nel 2004 ricevette, nella città di Jesi, il Federichino d’oro, un premio internazionale della Fondazione Federico II Hohenstaufen di Jesi.

Il rovescio di questo Giano bifronte si verifica nel nord Italia dove il mito di Federico II assume una connotazione negativa: qui la Lega Nord di Umberto Bossi dalla fine degli anni ‘80 ha creato la propria campagna propagandistica basandosi su un’altra figura medievale, questa di pura invenzione: Alberto da Giussano, figura che compariva in forma stilizzata nel logo della vecchia Lega Nord, brandendo una spada. In questo caso lo Svevo non ha trovato spazio se non in un’accezione negativa: l’imperatore infatti mosse la guerra a molti comuni del Nord Italia.

In Germania invece Federico II di Hoenstaufen avrà ovviamente trovato spazio, starete pensando; ed invece no, e le ragioni sono più che logiche. Infatti se ad un qualsiasi tedesco voi parlaste del sovrano Federico, vi sentirete menzionare le figure di Federico I Barbarossa (1122 ca.-1190) o di Federico il Grande, re di Prussia (1712-1786). Lo Svevo è relegato in un angolo del Pantheon dei personaggi illustri che hanno fatto la Germania, il famoso tempio neoclassico Walhalla, eretto nei pressi di Ratisbona. Unico momento di grande ribalta del mito di Federico II in Germania sono stati gli anni ‘20 e ‘30 del secolo scorso. La sua figura venne amata da Adolf Hitler e da Hermann Goring tanto che lo stesso Goring, nel 1943, ordinò al capitano Ruge, di stanza in Sicilia, di prelevare dalla cattedrale di Palermo le spoglie dello Svevo. Ruge però, impegnato ad evacuare le truppe d’oltralpe dalla Sicilia, non eseguì l’ordine anche perché non voleva disturbare l’imperatore.

L’interesse di questi gerarchi nazisti non era emerso dal nulla, ma c’era una ragione storiografica alle spalle: mi riferisco al grande successo degli scritti sullo svevo fatti da Ernst Kantorowizc, che, pochi anni prima scrisse una poderosa biografia dello Svevo. Lo storico, essendo di origini ebraiche, nonostante fosse seguito per le sue idee sullo Svevo, che lo esaltavano quale sovrano accentratore, fu comunque costretto a fuggire negli Stati Uniti. Un situazione a dir poco paradossale.

Da questo aspetto è utile prendere le mosse per trarre le conclusioni, ma per fare questo dobbiamo tornare in Puglia. Secondo il nostro autore lo Svevo divenne un forte catalizzatore dell’identità pugliese proprio durante il periodo fascista, nello stesso periodo in cui fu scritto il Federico II imperatore (Kaiser Friedrich der Zweite) di Kantorowicz, tradotto nel 1939 in italiano. Per laPuglia, che non aveva una forte identità culturale come altre regioni, questa fu un dono. Di operazioni del genere, di creazione di identità locali, il periodo fascista è veramente pieno. Da quel periodo, di generazione in generazione, questo mito si è nutrito di riletture continue, arrivando fino a noi e costituendo un groviglio di fatti e invenzioni quasi inestricabile. Lo storico che vuole fare chiarezza sulla figura dello Svevo, si ritrova di fronte ad unidra: ogni volta che le si taglia una delle numerose teste, questa ricresce, all’infinito.

Personalmente ho trovato questo saggio molto scorrevole, istruttivo ed anche divertente. Il testo svela molte realtà sul mito e sulla storia dello Svevo, ed è arricchito dalle citazioni di numerosi studi accademici, come quelli del Professor Francesco Violante ed arricchito dalle appendici di Tommaso di Carpegna Falconieri, Franco Cardini e Giuseppe Sergi, nonché del già citato Professor Licinio. Vi consiglio di leggere questo appassionante saggio, che non ha mancato di scatenare dibattiti: molte le polemiche da parte di tradizionalisti pugliesi, i quali hanno accusato l’autore di voler annientare l’identità della Puglia. Al contrario, il desiderio di Brando è fare chiarezza sulle molte letture mitiche di Federico II di Svevia, per restituire la figura storica dell’imperatore e meglio comprendere come il fascino esercitato da questo importantissimo personaggio si sia evoluto.

Andrea Feliziani