Sono tante le parole della lingua italiana che già dal suono tradiscono il loro significato. Alcune sembrano ballare, quelle in cui le lettere formano una danza di musicalità, che evoca immediatamente quello di cui si sta parlando. È il caso di smargiasso, parola dall’origine incerta ma dal significato ben preciso. Chi è lo smargiasso? È un millantatore, un fanfarone che si vanta di qualità che non ha, di imprese che non ha compiuto, di successi che non ha ottenuto. Già il suono, così pieno e altisonante, è evocativo di ciò che la parola significa: lo smargiasso non è davvero potente, davvero importante, davvero capace. È bravo (o almeno ne è convinto lui) a far sembrare grande ciò che non lo è, a raccontare e raccontarsi di essere in grado di compiere chissà quali imprese grandiosi e memorabili, quando invece la realtà è ben diversa.
Quando si sente la parola smargiasso, non sembra di vedere uno di questi individui? Il coro delle lettere, quella emme così evocativa, la doppia esse così eccessiva, non suona fin da subito falso e ingannevole? E se da un lato lo smargiasso è pronto a urlare a gran voce la propria presunta bravura, dall’altro tradisce tutta l’insicurezza. Infatti, se questo individuo non fosse, in cuor suo, consapevole di non essere poi tanto valente, non avrebbe bisogno di sbatterlo in faccia agli altri. Spesso proprio chi non perde occasione per lodarsi e incensarsi è più timoroso, più impaurito di aprire gli occhi e rendersi conto che la realtà non è proprio quella che sta raccontando.
Così lo smargiasso, che apparentemente sarebbe capace di scalare una montagna a mani nude e poi non è in grado nemmeno di salire su una collinetta. Perché per arrivare in alto non c’è bisogno di ricordare agi altri quanto si è bravi, per essere apprezzati non c’è bisogno di menzionare continuamente le proprie qualità. Anzi. Forse, se lo smargiasso mettesse da parte per un momento il suo egocentrismo si renderebbe conto che ha delle qualità, che magari non sono quelle che millanta, ma che lo potrebbero rendere una persona migliore. È giusto che siano proprio gli altri a riconoscere il valore di una persona, come è altrettanto giusto (e sano) essere ben consapevoli della proprie capacità, senza mai oltrepassare quella linea che divide l’essere sicuri di se stessi dall’essere smargiassi.
Una piccola curiosità: la parola smargiasso viene raramente declinata al femminile. Sarà un caso?